…nato senza padre dalla Madre e
senza madre dal Padre…
L’Epifania nella
tradizione bizantina.
L’Epifania
è una festa liturgica presente in tutte le tradizioni cristiane di Oriente, che
celebra la manifestazione del Verbo di Dio incarnato, in un contesto e
trinitario e cristologico. I testi liturgici del 6 gennaio nelle diverse
tradizioni orientali riassumono in qualche modo i principali misteri della fede
cristiana: il mistero trinitario, l’incarnazione del Verbo di Dio, la
redenzione ricevuta nel battesimo, evento quest’ultimo specialmente celebrato
durante la grande benedizione delle acque che ricorda e celebra il battesimo di
Cristo e di ognuno dei fedeli cristiani.
Nella
tradizione bizantina quella del 6 gennaio è una delle 12 grandi feste, che ha
una “pre festa” che inizia il 2 gennaio ed una ottava che finisce il 14
gennaio, che vogliono sottolineare come la Chiesa si prepara, avendo la
liturgia come pedagoga, alla celebrazione di un grande evento di salvezza, e
come lo vive lungo otto giorni a sottolineare la pienezza a cui il mistero
celebrato porta la Chiesa che lo celebra e lo vive.
I testi
innologici del vespro e dell’ufficiatura mattutina appartengono all’opera dei
grandi innografi bizantini dal VI al IX secolo: Romano il Melode (+555), Sofronio
di Gerusalemme (+638), Germano di Costantinopoli (+733), Andrea di Creta (+
740), Giovanni Damasceno (+750), Giuseppe l’Innografo (IX sec.). Sono dei testi
che sottolineano specialmente lo stupore e la meraviglia del Battista e di
tutta la creazione: angeli, firmamento, acque del Giordano… di fronte alla
manifestazione umile di Cristo che si avvia a ricevere il battesimo. Uno dei
testi più significativi nella celebrazione del 6 gennaio è la grande
benedizione delle acque, celebrata alla fine del vespro oppure alla fine della
Divina Liturgia del giorno 6 gennaio, e che si celebra di solito nella fonte
battesimale della chiesa. Il testo della preghiera di benedizione dell’acqua è
attribuito a Sofronio di Gerusalemme,e si tratta di un lungo testo letterariamente
e teologicamente con una struttura anaforica molto chiara, e che costituisce
una celebrazione a se stante, benché si celebra senza soluzione di
continuità col vespro o con la Divina Liturgia. Dopo il canto dei tropari
iniziali, la celebrazione prosegue con le diverse letture dell’Antico e del
Nuovo Testamento: tre brani profetici: Is
35, 1-10; 55, 1-13; 12, 3-6, presi dalle Grandi Ore vigiliari, poi 1Cor 10,
1-4, quindi la pericope evangelica Mc 9, 1-11. Al vangelo segue la grande
litania diaconale in cui ci sono dei testi propri in cui troviamo già una vera
e propria invocazione dello Spirito Santo per la consacrazione delle acque, perché
esse siano fonte di perdono, di purificazione e di vita nuova per i battezzati:
Affinchè sia santificata quest’acqua con la virtù e la potenza e la venuta
dello Spirito Santo… Affinchè discenda su queste acque l’azione purificatrice
della sovrasostanziale Trinità… Affinchè noi possiamo essere illuminati con la luce
della conoscenza e della pietà per la venuta dello Spirito Santo… Affinchè
quest’acqua possa divenire dono di santificazione, lavacro dei peccati per la
guarigione dell’anima e del corpo…
La preghiera di consacrazione
dell’acqua inizia con una prima parte a modo di prefazio in cui il sacerdote
enumera nella lode gli attributi della Trinità Divina, attributi che troviamo
anche nelle anafore eucaristiche: Trinità sovrasostanziale, buonissima, divinissima,
onnipotente, onniveggente, invisibile, incomprensibile, creatrice… innata
bontà, luce inaccessibile… La preghiera si dirige poi direttamente a Cristo,
con dei titoli cristologici che indicano che è una preghiera sorta in un
contesto chiaramente calcedoniano: Ti glorifichiamo Signore, amico degli
uomini, onnipotente, eterno Re, Figlio Unigenito, nato senza padre dalla Madre
e senza madre dal Padre… Nella precedente festa infatti ti abbiamo visto
bambino, in questa invece ti vediamo perfetto, essendoti… manifestato Dio
nostro perfetto. Il testo della preghiera di benedizione prosegue con
l’enumerazione dei fatti salvifici celebrati nella festa; lungo ventiquattro
invocazioni che iniziano con la parola “oggi” il testo descrive non
soltanto i fatti avvenuti nella storia della salvezza ed oggi commemorati, ma
la parola “oggi” prende una forza di attualizzazione nella celebrazione
e nella vita della Chiesa: Oggi la grazia dello Spirito Santo, in forma di
colomba, è discesa sulle acque… Oggi l’increato, per sua volontà, viene toccato
dalle mani della creatura… Oggi le rive del Giordano vengono tramutate in
farmaco per la presenza del Signore… Oggi siamo riscattati dalla tenebra e
veniamo resi sfavillanti dalla luce della divina conoscenza… Due frasi del
sacerdote con carattere epicletico invocano la santificazione delle acque: Tu,
Signore, Re ed amico degli uomini, sii presente anche ora per la venuta del tuo
Spirito Santo e santifica quest’acqua (3 volte). Tu stesso anche ora, o
Signore, santifica quest’acqua con il tuo Spirito Santo (3 volte).
Finita la preghiera consacratoria il
sacerdote introduce la croce benedizionale con un rametto di erbe aromatiche nell’acqua
cantando per tre volte il tropario della festa: Al tuo battesimo
nel Giordano, Signore, si è manifestata l’adorazione della Trinità: la voce del
Padre ti rendeva infatti testimonianza, chiamandoti ‘Figlio diletto’, e lo
Spirito in forma di colomba confermava la sicura verità di questa parola. O
Cristo Dio che ti sei manifestato e hai illuminato il mondo, gloria a te. Alla fine i
fedeli passano a baciare la croce e sono aspersi con l’acqua consacrata. La tradizione
aggiunge il prendere a casa dell’acqua consacrata nella celebrazione.
Tre aspetti
della festa del 6 gennaio si possono sottolineare: in primo luogo la
celebrazione dell’Epifania come manifestazione della Divinità in chiave
trinitaria; il battesimo di Cristo nel Giordano manifesta sì la rivelazione del
Verbo di Dio, ma includendo anche quella del Padre e dello Spirito Santo. In
secondo luogo la celebrazione dell’Epifania manifesta già l’opera salvifica di
Cristo evidenziata nel battesimo e portata a compimento nella sua umiliazione,
cioè la sua incarnazione e la sua venuta nel Giordano viste come kenosi.
In terzo luogo la celebrazione dell’Epifania significa anche la comunicazione
agli uomini la grazia dello Spirito Santo per mezzo dell’acqua del battesimo.
P. Manuel Nin osb
Rettore
Pontificio Collegio Greco
Nota:
Publicato sull’Ossservatore Romano 5/6 gennaio 2009