jueves, 17 de octubre de 2013

La festa dell’Esaltazione della Santa Croce
nella tradizione bizantina.
Oggi la Croce porta l’Altissimo quale grappolo pieno di vita.
La festa del 14 di settembre porta come titolo nei libri liturgici di tradizione bizantina: “Universale Esaltazione della Croce Preziosa e Vivificante”, ed ha un’origine gerosolimitana collegata alla dedicazione della basilica della Risurrezione edificata sulla tomba del Signore nel 335, ed anche con la celebrazione del ritrovamento della reliquia della Croce da parte dell'imperatrice Elena e del vescovo Macario. La Croce ha un posto rilevante nella liturgia bizantina: tutti i mercoledì e venerdì dell'anno viene commemo­rata col canto di un tropario; inoltre si commemora anche la terza domenica di Quaresima e i giorni 7 maggio e 1 agosto. Nei testi liturgici bizantini la Croce viene sempre presentata come luogo di vittoria: di vittoria di Cristo sulla morte, di vittoria della vita sulla morte, luogo di morte della morte. La celebrazione liturgica del 14 settembre nella tradizione bizantina è preceduta da un giorno di prefesta il 13, in cui si celebra appunto la dedicazione della basilica della Risurrezione, e si prolunga con un’ottava fino al giorno 21 dello stesso mese di settembre.
I testi dell’ufficiatura di questa festa mettono ripetutamente in luce il parallelo tra l’albero del paradiso nel libro della Genesi e l’albero della Croce: “Croce venerabilissima che le schiere angeliche circondano gioiose, oggi, nella tua esaltazione, per divino volere risol­levi tutti coloro che, per l’inganno di quel frutto, erano stati scacciati ed erano precipitati nella morte…”; “nel paradiso un tempo un albero mi ha spogliato, perché facendomene gustare il frutto, il nemico ha introdotto la morte; ma l’albero della croce, che porta agli uomini l’abito della vita, è stato piantato sulla terra, e tutto il mondo si è riempito di ogni gioia…”; “La croce che ha portato l’Al­tissimo, quale grappolo pieno di vita, si mostra oggi ele­vata da terra: per essa siamo stati tutti attratti a Dio, e la mor­te è stata del tutto inghiottita. O albero imma­co­lato, per il quale gustiamo il cibo im­mortale dell’Eden, dando gloria a Cristo!”.
Uno dei tropari dell’ufficiatura vespertina, con delle immagini veramente toccanti e teologicamente profonde, riassume tutto il mistero della salvezza che ci viene dalla Croce di Cristo: “Venite, genti tutte, adoriamo il legno benedetto per il quale si è realizzata l’eterna giustizia: poiché colui che con l’albero ha ingannato il progenitore Adamo, viene adesca­to dalla croce, e cade travolto in una funesta caduta… Col sangue di Dio viene lavato il veleno del serpente, ed è annullata la maledizione della giusta condanna per l’ingiu­sta condanna inflitta al giusto: poiché con un albero bisognava risanare l’albero, e con la passione dell’impas­si­bile di­strug­gere nell’al­bero le passioni del condannato”. Ancora in un altro dei tropari, l’incarnazione di Cristo, Dio nella carne, è presentata come l’esca che nella Croce attira e vince il nemico: “O albero beatissimo, su cui è stato steso Cristo, Re e Signore! Per te è caduto colui che con un albero aveva ingannato, è stato adescato da Dio che nella carne in te è stato confitto, e che dona la pace alle anime nostre”.
Diversi dei testi liturgici fanno una lettura cristologica dei tanti passi dell’Antico Testamento che la tradizione dei Padri e delle liturgie cristiane di Oriente e di Occidente hanno letto ed interpretato come prefigurazioni del mistero della Croce del Signore: Giacobbe che benedice con le mani incrociate, il passaggio del Mare Rosso colpito dal legno di Mosè, le braccia di costui innalzate mentre il popolo lotta contro Amalek, il profeta Giona ancora che prega con le mani alzate nel ventre del mostro marino: “Tendendo le mani in alto e mettendo in rotta Amalek, Mosè ha prefigurato te, o Croce preziosa…”; “Ciò che Mosè prefigurò un tempo nella sua persona, mettendo cosí in rotta Amalek ed abbattendolo, ciò che Davide cantore ordinò di venerare come sgabello dei tuoi piedi, la tua Croce preziosa, o Cristo Dio”; “Tracciando una croce, Mosè, col bastone ver­ticale, divise il Mar Rosso per Israele che lo passò a piedi asciutti, poi lo riuní su se stesso volgendolo contro i carri di faraone, di­segnando, orizzontalmente, l’arma invincibile”; “Nelle viscere del mostro marino, Giona stendendo le palme a forma di croce, chiara­mente prefigurava la salvifica passione: perciò uscendo il terzo giorno, rappre­sentò la risurrezione del Cristo Dio crocifisso nella carne che con la sua risurrezione il terzo giorno ha illuminato il mondo”.
Alla fine dell’ufficiatura del mattutino, ha luogo il rito dell’esaltazione e la venerazione della santa Croce. Durante il canto della dossologia, il sacerdote prende dall’altare il vassoio che contiene la Croce preziosa collocata in mezzo a foglie di basilico, l’erba profumata che secondo la tradizione era l’unica a crescere sul Calvario e che attorniava alla Croce al momento del suo ritrovamento, colloca il vassoio sulla sua testa e in processione lo porta fino a davanti la porta centrale dell’iconostasi e nel bel mezzo della chiesa. Lì, dopo il canto del tropario: “Salva, Signore, il tuo popolo, e benedici la tua eredità…”, lo depone su un tavolino, fa tre prostrazioni fino a terra e, prendendo in mano la Croce con le foglie di basilico, guardando ad oriente, la innalza sopra il proprio capo, poi l’abbassa fino a terra ed infine traccia il segno di croce, mentre i fedeli cantano per cento volte l’invocazione “Kyrie eleison”. Questa grande benedizione il sacerdote la ripete in direzione ai quattro punti cardinali e quindi di nuovo verso l’oriente, intercalando ad ogni parte una piccola litania in cui si invoca la misericordia e la benedizione del Signore sulla Chiesa e sul mondo intero. Al termine il sacerdote innalza la croce e canta il tropario: “Tu che volontariamente sei stato innalzato sulla croce, dona, o Cristo Dio, la tua compassione, al popolo nuovo che porta il tuo nome…”, e con essa benedice il popolo segnando una croce. Poi, deposta la Croce di nuovo sul tavolino, canta il tropario: “Ado­riamo la tua croce, Sovrano, e glorifichiamo la tua santa risurrezione”, e tutto il popolo fedele passa a venerare la Croce e ricevendo delle foglie di basilico, a ricordare anche il buon profumo del Cristo risorto che i cristiani siamo chiamati a testimoniare nel mondo. Questa grande venerazione della Croce e la sua simbologia, riassume quindi i grandi temi teologici trovati nei testi della liturgia della festa: la Croce collocata nel bel mezzo della Chiesa come il nuovo albero nel bel mezzo del nuovo paradiso; la Croce come luogo da dove sgorga la salvezza e la vita per tutta la Chiesa.
L’icona della festa presenta la figura del vescovo Macario innalzando la santa Croce, con dei diaconi attorno; alcune delle icone introducono anche l’imperatrice Elena tra i personaggi. L’icona rappresenta proprio la celebrazione liturgica del giorno con la grande benedizione e venerazione della Croce Preziosa e Vivificante.
P. Manuel Nin osb
Pontificio Collegio Greco



Oggi ha portato l'Altissimo
come grappolo pieno di vita
di Manuel Nin
La festa dell'Esaltazione della Croce - Universale esaltazione della Croce preziosa e vivificante è il suo titolo nei libri liturgici di tradizione bizantina - ha un'origine gerosolimitana collegata alla dedicazione della basilica della Risurrezione, edificata sulla tomba del Signore nel 335, e anche alla celebrazione del ritrovamento della reliquia della Croce da parte dell'imperatrice Elena e del vescovo Macario, rappresentati nell'icona della festa. La Croce ha un posto rilevante nella liturgia bizantina:  viene commemorata tutti i mercoledì e venerdì dell'anno col canto di un tropario, la terza domenica di Quaresima, il 7 maggio e il 1° agosto, sempre presentata come luogo di vittoria di Cristo sulla morte, della vita sulla morte, luogo di morte della morte. La celebrazione del 14 settembre è preceduta da una prefesta il 13, che celebra appunto la dedicazione della basilica della Risurrezione, e si prolunga  con  un'ottava  fino  al giorno 21.

I testi dell'ufficiatura mettono ripetutamente in parallelo l'albero del paradiso e quello della Croce:  "Croce venerabilissima che le schiere angeliche circondano gioiose, oggi, nella tua esaltazione, per divino volere risollevi tutti coloro che, per l'inganno di quel frutto, erano stati scacciati ed erano precipitati nella morte"; "nel paradiso un tempo un albero mi ha spogliato, perché facendomene gustare il frutto, il nemico ha introdotto la morte; ma l'albero della Croce, che porta agli uomini l'abito della vita, è stato piantato sulla terra, e tutto il mondo si è riempito di ogni gioia"; "la Croce che ha portato l'Altissimo, quale grappolo pieno di vita, si mostra oggi elevata da terra:  per essa siamo stati tutti attratti a Dio, e la morte è stata del tutto inghiottita. O albero immacolato, per il quale gustiamo il cibo immortale dell'Eden, dando gloria a Cristo!".
Uno dei tropari dell'ufficiatura vespertina, con delle immagini toccanti e profonde, riassume tutto il mistero della salvezza:  "Venite, genti tutte, adoriamo il legno benedetto per il quale si è realizzata l'eterna giustizia:  poiché colui che con l'albero ha ingannato il progenitore Adamo, viene adescato dalla Croce, e cade travolto in una funesta caduta. Col sangue di Dio viene lavato il veleno del serpente, ed è annullata la maledizione della giusta condanna per l'ingiusta condanna inflitta al giusto:  poiché con un albero bisognava risanare l'albero, e con la passione dell'impassibile distruggere nell'albero le passioni del condannato". In un altro tropario, l'incarnazione di Cristo, Dio nella carne, è presentata come l'esca che nella Croce attira e vince il nemico:  "Per te è caduto colui che con un albero aveva ingannato, è stato adescato da Dio che nella carne in te è stato confitto, e che dona la pace alle anime nostre".
Diversi testi fanno una lettura cristologica dei tanti passi dell'Antico Testamento che la tradizione patristica e liturgica ha letto e interpretato come prefigurazioni del mistero della Croce del Signore:  "Ciò che Mosè prefigurò un tempo nella sua persona, mettendo così in rotta Amalek e abbattendolo, ciò che Davide cantore ordinò di venerare come sgabello dei tuoi piedi, la tua Croce preziosa, o Cristo Dio"; "tracciando una croce, Mosè, col bastone verticale, divise il Mar Rosso per Israele che lo passò a piedi asciutti, poi lo riunì su se stesso volgendolo contro i carri del faraone, disegnando, orizzontalmente, l'arma invincibile"; "nelle viscere del mostro marino, Giona stendendo le palme a forma di croce, chiaramente prefigurava la salvifica passione:  perciò uscendo il terzo giorno, rappresentò la risurrezione del Cristo Dio crocifisso nella carne che con la sua risurrezione il terzo giorno ha illuminato il mondo".
Alla fine del mattutino si svolge il rito dell'esaltazione e della venerazione della santa Croce. Il sacerdote prende dall'altare il vassoio che contiene la Croce preziosa collocata in mezzo a foglie di basilico - l'erba profumata che, secondo la tradizione, era l'unica a crescere sul Calvario e che attorniava la Croce quando fu ritrovata - e in processione lo porta tenendo il vassoio sulla sua testa fino alla porta centrale dell'iconostasi e in mezzo alla chiesa. Lì depone il vassoio su un tavolino, fa tre prostrazioni fino a terra e, prendendo in mano la Croce con le foglie di basilico, guardando a oriente, la innalza sopra il proprio capo, poi l'abbassa fino a terra e infine traccia il segno di croce, mentre i fedeli cantano per cento volte "Kyrie eleison". Ripetendo questa grande benedizione verso i quattro punti cardinali e di nuovo verso oriente, il sacerdote invoca la misericordia e la benedizione del Signore sulla Chiesa e sul mondo intero. Al termine, il sacerdote innalza la Croce e con essa benedice il popolo che poi passa a venerarla e riceve delle foglie di basilico, per ricordare il buon profumo del Cristo risorto che tutti i cristiani sono chiamati a testimoniare nel mondo.

P. Manuel Nin osb
Pontificio Collegio Greco