miércoles, 5 de noviembre de 2014

Colui che creò Adamo, oggi è tenuto in braccio bambino…
La festa del 2 febbraio nella poesia di Romano il Melode.
            Le Chiese orientali celebrano la festa del 2 febbraio come una delle dodici grandi feste dell'anno liturgico. È una celebrazione i cui testi liturgici sottolineano l'incontro tra l'umanità -rappresentata da Simeone ed Anna-, e la divinità -Cristo Signore stesso. Testimoniata già da Egeria nella seconda parte del IV secolo, questa festa entrerà a Costantinopoli nel 542 dopo una terribile epidemia. Romano il Melode (+555) ha un solo kontakion per questa festa; si tratta di un poema composto da 17 strofe in cui l'autore sviluppa alcuni notevoli aspetti di carattere teologico. Il testo ha tre tropari introduttori, di cui uno è entrato nell'ufficiatura bizantina per la festa, e quindi le 17 strofe in cui troviamo Maria (strofe 3-4) e Simeone (strofe 5-16) che lodano Dio e proclamano con delle immagini molto profonde il mistero della fede che questa festa celebra.
            Le tre strofe introduttorie, oltre a dei riferimenti alla preghiera per l'imperatore legati appunto alla introduzione della festa nella capitale Costantinopoli, situano tutta la dimensione cristologica della festa: "La schiera degli angeli stupisca… vedendo l'indicibile condiscendenza di Dio, perché ora è tenuto dalle mani di un vecchio colui che fa tremare le potenze celesti… Tu che per noi ti sei incarnato da una vergine e sei stato tenuto tra le braccia di un vecchio… esalta e fortifica i nostri imperatori…". Come troviamo spesso nell'innografia orientale, le prime due strofe del kontakion sono un invito alla lode indirizzato a tutta la creazione, a causa del mistero di condiscendenza e di amore di Dio verso l'umanità. Sono due strofe che riassumono tutto il mistero della redenzione: "Dall'alto dei cieli lo videro gli incorporei e dissero: «Oggi assistiamo ad uno spettacolo meraviglioso e straordinario… Colui che creò Adamo è tenuto in braccio bambino, colui che è senza confini è stretto fra le braccia di quel vecchio… Colui che è trasportato sulle spalle dei Cherubini ha preso dimora in mezzo agli uomini… Colui che plasma i bambini nel grembo delle madri… è diventato bambino in una vergine, ed è rimasto unito al Padre e allo Spirito Santo, eterno insieme a loro…»".
            In altre due strofe Romano dà la parola a Maria che, quale icona della Chiesa stessa, professa la divinoumanità di Colui che lei regge nelle sue braccia: "Quale appellativo troverò per te, figlio mio? Ti dirò uomo perfetto? Ma io so che fu divino il tuo concepimento… E se ti chiamo Dio, mi stupisco vedendoti in tutto simile a me. Devo offrirti il mio latte o la mia lode? I tuoi atti ti proclamano Dio senza tempo, anche se ti sei fatto uomo, o amico degli uomini".
            Quindi per ben undici strofe è l'anziano Simeone che prende la parola indirizzandosi a Cristo che lui stesso regge nelle sue braccia. Le sue parole dimostrano allo stesso tempo la gioia e la paura: "…perché con gli occhi dell'anima vedeva le schiere degli angeli e degli arcangeli che cantavano la gloria di Cristo. E pregando diceva: «Proteggimi e non consumarmi, tu che sei fuoco della natura divina ed unico amico degli uomini»". Le strofe seguenti snodano a modo quasi del racconto di una anafora eucaristica tutto il mistero della redenzione adoperato da Dio verso gli uomini per mezzo dell'incarnazione del suo Figlio unigenito: "Tu sei l'immagine assolutamente perfetta dell'incomprensibile sostanza del Padre, la luce inaccessibile, il sigillo immutabile della divinità… tu che esisti dall'eternità e hai creato ogni cosa…. Tu che un tempo accogliesti le offerte di Abele e degli altri tuoi giusti… Grande e glorioso sei tu, generato dall'Altissimo in modo inesprimibile, o santissimo figlio di Maria! Io ti proclamo uno, visibile e invisibile, finito e infinito; ti conosco e ti credo eterno Figlio di Dio secondo natura, ma anche ti dichiaro figlio della Vergine al di là della natura…".
            Simeone quindi prosegue spiegando a Maria, alla Chiesa, e con uno stile chiaramente mistagogico, tutto quello che accade ed accadrà per mezzo di lei. In queste strofe troviamo tutta una serie di profezie veterotestamentarie lette in chiave cristologica ed applicate anche alla Madre di Dio: "Rimase stupita la Vergine e a lei il vegliardo disse: «Tutti i profeti hanno annunziato il figlio tuo, che hai generato senza seme. Di te parlava il profeta, poiché la porta serrata sei tu, Madre di Dio! Attraverso te è entrato e uscito il Signore… Il tuo figlio è la vita, la redenzione e la risurrezione di tutti noi… Egli è venuto perché desidera risollevare i caduti riscattando dalla morte le sue creature…»". Nella strofa dodicesima troviamo quasi un elenco delle eresie cristologiche dal II al V secolo: "E verrà un segno di contraddizione e il segno sarà la croce che gli empi innalzeranno per il Cristo: alcuni proclameranno che il crocifisso è Dio, altri al contrario che è un uomo… Alcuni crederanno il suo corpo celeste, altri vana apparenza; alcuni diranno inanimata altri animata la carne nata da te e indossata dall'unico amico degli uomini".
            In altre due strofe Simeone si rivolge direttamente a Cristo, facendo una parafrasi del testo di Lc 2,29: "Ora puoi congedare in pace me, tuo servo, poiché ti ho visto, o Signore! Lascia che io me ne vada alla vita eterna, tu che sei vita incomparabile… Mantieni la promessa del tuo verbo, o Verbo, mandami presso Abramo e i patriarchi… Volendo che Enoch e Elia non provassero la morte, o Signore, ti sei compiaciuto di portarli via da questa terra in modo misterioso affinché fossero in un luogo pieno di luce e senza pianto. Così come ti ho visto fisicamente e ho avuto il privilegio di tenerti in braccio, possa io vedere la tua gloria insieme al Padre tuo e allo Spirito Santo, poiché sei rimasto lassù mentre scendevi tra noi…". La risposta di Cristo alla preghiera di Simeone la troviamo nella strofa penultima, che è un preannuncio della discesa di Cristo nell'Ade, di cui lo stesso Simeone diventa un profeta: "E il Re celeste rispose: «…dal mondo caduco ti manderò alla dimora eterna, o mio diletto. Io ti mando a Mosè e agli altri profeti: ad essi annuncia che io, colui del quale essi avevano parlato, ecco sono arrivato e sono stato partorito da una vergine… Presto ti raggiungerò per riscattare tutti, io che sono l'unico amico degli uomini»".


Colui che creò Adamo è tenuto in braccio bambino
Manuel Nin
Nelle Chiese orientali la festa del 2 febbraio sottolinea l'incontro tra l'umanità e la divinità. Testimoniata già da Egeria verso la fine del IV secolo, la festa entrerà a Costantinopoli nel 542 dopo una terribile epidemia. Romano il Melode, morto nel 555, ha un solo kontàkion per questa festa.
L'introduzione dà la dimensione cristologica della festa: "Dall'alto dei cieli lo videro gli incorporei e dissero: Oggi assistiamo a uno spettacolo meraviglioso e straordinario. Colui che creò Adamo è tenuto in braccio bambino, colui che è senza confini è stretto fra le braccia di quel vecchio. Colui che è trasportato sulle spalle dei cherubini ha preso dimora in mezzo agli uomini. Colui che plasma i bambini nel grembo delle madri è diventato bambino in una vergine, ed è rimasto unito al Padre e allo Spirito Santo, eterno insieme a loro".

Romano dà poi la parola a Maria che, immagine della Chiesa stessa, professa la divinoumanità di colui che porta in braccio: "Quale appellativo troverò per te, figlio mio? Ti dirò uomo perfetto? Ma io so che fu divino il tuo concepimento. E se ti chiamo Dio, mi stupisco vedendoti in tutto simile a me. Devo offrirti il mio latte o la mia lode? I tuoi atti ti proclamano Dio senza tempo, anche se ti sei fatto uomo, o amico degli uomini".
Quindi è l'anziano Simeone che si rivolge a Cristo che regge nelle sue braccia. Le sue parole dimostrano gioia e paura "perché con gli occhi dell'anima vedeva le schiere degli angeli e degli arcangeli che cantavano la gloria di Cristo. E pregando diceva: Proteggimi e non consumarmi, tu che sei fuoco della natura divina e unico amico degli uomini".
Come in un'anafora eucaristica viene poi descritto il mistero della redenzione: "Tu sei l'immagine assolutamente perfetta dell'incomprensibile sostanza del Padre, la luce inaccessibile, il sigillo immutabile della divinità, tu che esisti dall'eternità e hai creato ogni cosa, tu che un tempo accogliesti le offerte di Abele e degli altri tuoi giusti. Grande e glorioso sei tu, generato dall'Altissimo in modo inesprimibile, o santissimo figlio di Maria! Io ti proclamo uno, visibile e invisibile, finito e infinito; ti conosco e ti credo eterno Figlio di Dio secondo natura, ma anche ti dichiaro figlio della Vergine al di là della natura".
Simeone spiega poi a Maria ciò che accade ed accadrà per mezzo di lei: "Rimase stupita la Vergine e a lei il vegliardo disse: Tutti i profeti hanno annunziato il figlio tuo, che hai generato senza seme. Di te parlava il profeta, poiché la porta serrata sei tu, Madre di Dio! Attraverso te è entrato e uscito il Signore. Il tuo figlio è la vita, la redenzione e la risurrezione di tutti noi. Egli è venuto perché desidera risollevare i caduti riscattando dalla morte le sue creature".
E ancora Simeone si rivolge a Cristo: "Mantieni la promessa del tuo verbo, o Verbo, mandami presso Abramo e i patriarchi. Volendo che Enoch e Elia non provassero la morte, o Signore, ti sei compiaciuto di portarli via da questa terra in modo misterioso affinché fossero in un luogo pieno di luce e senza pianto. Così come ti ho visto fisicamente e ho avuto il privilegio di tenerti in braccio, possa io vedere la tua gloria insieme al Padre tuo e allo Spirito Santo, poiché sei rimasto lassù mentre scendevi tra noi".
La risposta di Cristo è un preannuncio della discesa di Cristo nell'Ade, di cui lo stesso Simeone diventa un profeta: "E il Re celeste rispose: Dal mondo caduco ti manderò alla dimora eterna, o mio diletto. Io ti mando a Mosè e agli altri profeti: ad essi annuncia che io, colui del quale essi avevano parlato, ecco sono arrivato e sono stato partorito da una vergine. Presto ti raggiungerò per riscattare tutti, io che sono l'unico amico degli uomini".

P. Manuel Nin
Pontificio Collegio Greco
Roma