jueves, 18 de septiembre de 2014

Dalla Domenica delle Palme al Giovedì Santo nella tradizione siro occidentale.
I serafini fremono vedendo il Figlio che lava i piedi ai fratelli…

            La Settimana Santa nella tradizione siro occidentale inizia col Sabato di Lazzaro, cioè il sabato prima della Domenica degli Osanna, e va fino alla Domenica di Pasqua. La liturgia siriaca contempla, lungo la Settimana Santa, tutti gli elementi ed i fatti che hanno preparato, accompagnato e simbolizzato la passione, la morte e la risurrezione del Signore, allo stesso modo che le domeniche della Dedicazione e delle Annunciazioni lo avevano fatto per la sua nascita.
            Nei libri liturgici siro occidentali la Domenica delle palme porta il titolo di Domenica degli Osanna, ed è un giorno caratterizzato dalla gioia e non dalla sofferenza e dalla tristezza; non ci sono riferimenti alla morte del Signore, poiché è una celebrazione piuttosto della regalità del Signore, non della sua sconfitta. Nella liturgia eucaristica viene celebrata la benedizione e la processione delle palme. I testi liturgici mettono in risalto i fatti ed i testi dell'Antico Testamento che hanno prefigurato l'ingresso messianico di Cristo a Gerusalemme: "Giacobbe legò l'asino al ceppo di una vigna e aspettò. Venne Zaccaria che lo sciolse e lo diede al suo Signore. Il profeta lo diede al suo Signore e costui lo montò, e Zaccaria camminava davanti gridando: "Ricevi il tuo Re". La liturgia siro occidentale si serve anche del genere letterario del dialogo / disputa tra due personaggi che presentano il personaggio o il fatto che si celebra: "Sion dice: "Perché viene? Io non l'ho chiamato".Il profeta dice: "E` il tuo Re e viene a regnare". Sion dice: "Io non voglio che lui regni su di me". Il profeta risponde: "Lui regnerà sulla Chiesa e a te, ti abbandonerà". Sion dice: "Io non gli aprirò le mie porte e lui non entrerà". Il profeta risponde: "La Chiesa gli aprirà le sue e lo riceverà". Sion dice: "Se lui entra entro le mie mura, lo crocifiggerò". Il profeta risponde: "Ma la sua croce vive e essa ti annienterà".
            Il Lunedì Santo ha la celebrazione chiamata delle "Lampade". La chiesa è stata spogliata dalla gioia delle palme; sullo sfondo dell'altare viene messo un grande tappeto nero con una croce bianca e attorno tutti gli strumenti della passione: il secchio per la lavanda delle mani di Pilato, il flagello, la corona di spine, il gallo della negazione, i chiodi, il martello, la spugna, la scala, la luna piena. La liturgia di questa notte legge e celebra il vangelo delle dieci vergini. Nella seconda vigilia del mattutino si fa la processione delle lampade nella chiesa; i fedeli portano dei ceri in mano ed il sacerdote canta, all'inizio della processione, il vangelo di Mt 25,1ss. I testi liturgici della celebrazione sottolineano soprattutto il tema dell'attesa dello Sposo: "Come è bella questa notte in cui avviene l'incontro col nostro Salvatore; come è gloriosa, cara e bella; in essa si radunano giovani e vecchi, portando lampade e cantando inni; il battesimo è pronto come una sposa gloriosa e dà la vita a coloro che vi si tuffano e rinascono dal suo seno puro". La processione, al canto del salmo 117: "Aprimi le porte della giustizia, entrerò e loderò il Signore… Questa è la porta del Signore…", esce dalla chiesa e le porte vengono chiuse; il popolo e il clero si radunano davanti alla porta centrale della chiesa. Il sacerdote, inginocchiato davanti alla porta chiusa, recita una preghiera che è entrata poi nella recita di tutte le ore dell'ufficiatura siro occidentale, ma che in questa notte del lunedì santo prende tutta la sua forza anche drammatica: "Alla tua porta, Signore, io busso, e io chiedo, dal tuo tesoro, la misericordia. Io sono un peccatore che lungo gli anni ho abbandonato il tuo cammino. Dammi di confessare i miei peccati ed io gli eviterò e vivrò per la tua grazia. A la porta di chi, Signore misericordio­so, andremo a bussare, se non alla tua? Chi avremo come intercessore per le nostre mancanze se la tua misericordia non intercedesse per noi... Che il canto della nostra preghiera sia una chiave che apra la porta del cielo, e che gli arcangeli dicano: "Come dev'essere dolce il canto di quelli della terra perché il Signore ascolti subito le loro suppliche...". Il sacerdote bussa alla porta per tre volte con la sua croce manuale cantando il versetto: "La porta delle tue misericordie, Signore"; alla terza invocazione le porte vengono aperte ed il popolo entra nella chiesa finendo il canto del versetto iniziato prima dal sacerdote: "…non la chiudere davanti a noi, Signore! Riconosciamo che siamo peccatori, abbi pietà di noi". La celebrazione si conclude col canto delle altre due vigilie dell'ufficiatura notturna.

            Per quanto riguarda il Giovedì Santo nei libri liturgici siro occidentali porta il titolo di Giovedì dei Misteri oppure Giovedì di Pasqua, e in esso troviamo specialmente tre celebrazioni: la liturgia eucaristica, la consacrazione dell'olio santo e la lavanda dei piedi. Spesso la consacrazione dell'olio santo, fatta sempre dal patriarca col suo sinodo, e di cui troviamo testimonianze già nel V secolo, viene fatta lungo la Quaresima. In quanto alla celebrazione dell'eucaristia, i testi dell'ufficiatura di questo giorno mettono in luce la simbologia dell'agnel­lo pasquale applicata al sacrificio di Cristo: "Ecco che in Egitto viene ucciso l'agnello pasquale, e in Sion viene ucciso il vero agnello… L'Agnello di Dio ha liberato, col suo sangue, le nazioni dalle tenebre, come liberò Israele dall'Egitto. Molti agnelli sono stati uccisi; soltanto da uno di loro l'Egitto è stato vinto. Nostro Signore mangiò la Pasqua coi suoi discepoli. Con il pane spezzato l'azimo arrivò alla fine. Il pane di colui che dà la vita, vivifica il mondo… La Chiesa ci dà un pane vivo, invece dell'azimo che diede l'Egitto. Maria ci diede un pane vivo, invece del pane corrotto che diede Eva".
Il rito della lavanda dei piedi si svolge nella chiesa, ed è celebrato dal vescovo e fatto a dodici preti anziani; il rito fatto contemporaneamente alla lettura del vangelo, prende un aspetto chiaramente drammatico, nel senso più letterale del termine. I testi cantati mettono in risalto il tema di Gesù che lava i piedi ai discepoli sottolineandone il contrasto fortemente cristologico: "Tu che ti sei cinto con una corda e hai lavato i piedi ai discepoli, abbi pietà di noi, o Dio. Tu che sei il grande e che per amore ti sei abbassato e hai versato dell'acqua in una brocca… Tu che per natura sei Signore e hai lavato i piedi ai tuoi discepoli… Tu, a chi servono i cori ignei e che lavi i piedi agli uomini fatti dalla polvere…". Prima del vangelo si fanno diverse letture: Gen 18,1-8 (l'apparizione di Mamre), salmo 50, 1Gv 4,11-16 (amore vicendevole), 1Cor 13,4-13, ed infine il vangelo Gv 13,1-15. La lettura del vangelo viene iniziata dal vescovo che ne legge i primi tre versetti e poi passa il lezionario a uno dei preti oppure dei diaconi che canta con una voce drammatica e lenta il testo della lavanda dei piedi, mentre il vescovo esegue quello che man mano descrive il vangelo: Gesù si alzò da tavola (3 volte) e il vescovo si alza, e così via... Il vescovo versa l'acqua nella brocca e la benedice con una preghiera che ci riporta alle preghiere di consacrazione dell'acqua il giorno dell'Epifania e nella celebrazione del battesimo: "Signore, fa che siamo purificati da quest'acqua che ci laverà e ci purificherà da ogni peccato e da ogni male... Signore Gesù Cristo, Verbo di Dio Padre che sei nato da Maria la Vergine santa in una nascita incomprensi­bile e hai portato e termine nella tua persona tutta l'economia della salvezza per liberarci..., fa adesso che quest'acqua sia simile a quella con cui hai lavato i piedi ai tuoi discepoli. Dio creatore di tutto quello che esiste, degli esseri visibili e invisibili, e sei glorificato dagli arcangeli, insieme al tuo Padre e al tuo Santo Spirito nell'alto dei cieli; tu sei venuto a cercare la pecora smarrita e, avendola trovata, l'hai portata sulle tue sante spalle e, con grande gioia, l'hai fatta entrare nella casa di tuo Padre, adesso, Signore, benedici noi con la tua grazia, purificaci per mezzo di quest'acqua che ci lava, dalla sporcizia dei peccati...". La lavanda comincia dai primi tre preti; dopo il il vescovo ritorna nella sede e si riposa un po, mentre il coro canta un responsorio. Si prosegue con altri tre, e così via fino al dodicesimo che rappresenta Simon Pietro; in questo momento il dialogo evangelico tra Gesù e Pietro si svolge tra il lettore, il prete che rappresenta Pietro e il vescovo. Alla fine il vescovo ritorna alla sua sede ed i dodici sacerdoti o soltanto colui che ha fatto le veci di Pietro lavano i piedi al vescovo. La celebrazione si conclude con diverse preghiere: "Gabriele rimase stupefatto, Michele tremò e fu sconcertato, lo stupore si abbatté su di loro vedendo l'Essere igneo chinarsi e lavare i piedi ai discepoli". Sant'Efrem, in uno dei suoi inni sulla crocifissione canta questo mistero dell'amore e la condiscendenza di Dio verso gli uomini: "I serafini fremettero vedendo il Figlio che, cinto ai fianchi un lino, lavava nel catino i piedi, la sozzura del ladro che lo avrebbe consegnato… Il nostro Signore purificò il corpo dei fratelli nel catino che è simbolo della concordia… Nel ventre delle acque Cristo ci ha formato nuovamente".

P. Manuel Nin
Pontificio Collegio Greco
Roma
(©L'Osservatore Romano)




I serafini fremono vedendo il Figlio che lava i piedi ai fratelli

di Manuel Nin
Nei libri liturgici siro-occidentali la Domenica delle Palme porta il titolo di Domenica degli Osanna, caratterizzata dalla gioia poiché celebra la regalità del Signore. I testi si servono anche del genere letterario del dialogo:  "Sion dice:  Perché viene? Io non l'ho chiamato. Il profeta dice:  È il tuo Re e viene a regnare. Sion dice:  Io non voglio che lui regni su di me. Il profeta risponde:  Lui regnerà sulla Chiesa e ti abbandonerà. Sion dice:  Io non gli aprirò le mie porte e lui non entrerà. Il profeta risponde:  La Chiesa gli aprirà le sue e lo riceverà. Sion dice:  Se lui entra entro le mie mura, lo crocifiggerò. Il profeta risponde:  
Ma la sua croce vive e essa ti annienterà". 

Lunedì santo vi è la celebrazione delle Lampade. La chiesa è spogliata dalla gioia delle palme e sullo sfondo dell'altare viene messo un grande tappeto nero con una croce bianca e attorno tutti i simboli della Passione:  il catino per la lavanda delle mani di Pilato, il flagello, la corona di spine, il gallo della negazione, i chiodi, il martello, la spugna, la scala, la luna piena. La liturgia celebra il vangelo delle dieci vergini e nella seconda vigilia del mattutino si fa la processione delle lampade; i fedeli portano dei ceri in mano, mentre i testi sottolineano l'attesa dello Sposo:  "Come è bella questa notte in cui avviene l'incontro col nostro Salvatore; come è gloriosa, cara e bella; in essa si radunano giovani e vecchi, portando lampade e cantando inni; il battesimo è pronto come una sposa gloriosa e dà la vita a coloro che vi si tuffano e rinascono dal suo seno puro".
La processione esce dalla chiesa e il sacerdote, inginocchiato davanti alla porta chiusa, recita una preghiera entrata in tutte le ore dell'ufficiatura siro-occidentale, ma che in questa notte del Lunedì santo prende tutta la sua forza drammatica:  "Alla tua porta, Signore, io busso, e chiedo dal tuo tesoro la misericordia. Io sono un peccatore e lungo gli anni ho abbandonato il tuo cammino. Dammi di confessare i miei peccati e io li eviterò e vivrò per la tua grazia. Alla porta di chi, Signore misericordioso, andremo a bussare, se non alla tua? Chi avremo come intercessore per le nostre mancanze se la tua misericordia non intercedesse per noi? Che il canto della nostra preghiera sia una chiave che apra la porta del cielo, e che gli arcangeli dicano:  Come dev'essere dolce il canto di quelli della terra perché il Signore ascolti subito le loro suppliche".
Il Giovedì santo porta il titolo di Giovedì dei Misteri. Nell'eucaristia i testi mettono in luce la simbologia dell'agnello pasquale:  "Ecco che in Egitto viene ucciso l'agnello pasquale, e in Sion viene ucciso il vero agnello. L'Agnello di Dio ha liberato, col suo sangue, le nazioni dalle tenebre, come liberò Israele dall'Egitto. Molti agnelli sono stati uccisi; soltanto da uno di loro l'Egitto è stato vinto. Nostro Signore mangiò la Pasqua coi suoi discepoli. Con il pane spezzato l'azzimo arrivò alla fine. Il pane di colui che dà la vita, vivifica il mondo. La Chiesa ci dà un pane vivo, invece dell'azzimo che diede l'Egitto. Maria ci diede un pane vivo, invece del pane corrotto che diede Eva".
La lavanda dei piedi è fatta dal vescovo a dodici preti anziani; il rito, contemporaneo alla lettura del vangelo, ha un aspetto drammatico e i testi sottolineano il contrasto:  "Tu che ti sei cinto con una corda e hai lavato i piedi ai discepoli, abbi pietà di noi, o Dio. Tu che sei il grande e che per amore ti sei abbassato e hai versato dell'acqua in una brocca. Tu che per natura sei Signore e hai lavato i piedi ai tuoi discepoli. Tu, a cui servono i cori di fuoco e che lavi i piedi agli uomini fatti dalla polvere".
La lettura del vangelo è iniziata dal vescovo che poi passa il lezionario a un prete o a un diacono che canta con una voce drammatica e lenta il testo, mentre il vescovo esegue quello che descrive il vangelo. Il vescovo versa l'acqua nella brocca e la benedice con una preghiera che ci riporta alla consacrazione dell'acqua il giorno dell'Epifania che celebra il battesimo:  "Dio creatore di tutto quello che esiste, degli esseri visibili e invisibili, e sei glorificato dagli arcangeli, insieme al tuo Padre e al tuo Santo Spirito nell'alto dei cieli; tu sei venuto a cercare la pecora smarrita e, avendola trovata, l'hai portata sulle tue sante spalle e, con grande gioia, l'hai fatta entrare nella casa di tuo Padre, adesso, Signore, benedici noi con la tua grazia, purificaci per mezzo di quest'acqua che ci lava, dalla sporcizia dei peccati".
La lavanda si conclude con diverse preghiere:  "Gabriele rimase stupefatto, Michele tremò e fu sconcertato, lo stupore si abbatté su di loro vedendo l'Essere di fuoco chinarsi e lavare i piedi ai discepoli". Sant'Efrem canta questo mistero dell'amore e la condiscendenza di Dio verso gli uomini:  "I serafini fremettero vedendo il Figlio che, cinto ai fianchi un lino, lavava nel catino i piedi, la sozzura del ladro che lo avrebbe consegnato. Il nostro Signore purificò il corpo dei fratelli nel catino che è simbolo della concordia. Nel ventre delle acque Cristo ci ha formato nuovamente".

P. Manuel Nin
Pontificio Collegio Greco
Roma

(©L'Osservatore Romano - 1 aprile 2010)