miércoles, 22 de mayo de 2013


…per annunciare ad Adamo che ho visto Dio fatto bambino…

            Il quarantesimo giorno dopo l’Epifania è qui celebrato veramente con grande solennità… Così la peregrina Egeria, nella seconda metà del IV secolo, ci dà testimonianza della celebrazione a Gerusalemme, presso la basilica dell’Anastasi (Risurrezione) della festa dell’Incontro del Signore, con la proclamazione della pericope evangelica di Lc 2, 22-40. La festa del 2 febbraio è una delle Dodici Grandi feste dell’anno liturgico, e così la considera la stessa Egeria paragonandola quasi alla Pasqua: valde cum summo honore hic celebrantur… cum summa laetitia ac si per Pascha… Nel V-VI secc. la festa si celebra già ad Alessandria, ad Antiochia e a Costantinopoli e, alla fine del VII secolo viene introdotta a Roma da un papa di origini orientali Sergio I (687-701), che vi introdurrà anche le feste della Natività di Maria (8 settembre), dell’Annunciazione (25 marzo) e della Dormizione della Madre di Dio (15 agosto).

Con il titolo di Incontro (Hypapantì) la Chiesa bizantina in questa festa vuol soprattutto sottolineare l=incontro di Gesù con l=anziano Simeone, cioè l=Uomo nuovo con l=uomo vecchio, e l=adempimento dell=attesa di tutto il popolo di Israele rappresentato nelle figure di Simeone ed Anna. La festa ha un giorno pre festivo (proeortia) e un’ottava (metheortia). L=ufficiatura del giorno, molto ricca a livello cristologico, ha dei tropari di Romano il Melode, Giovanni Damasceno, Andrea di Creta ed altri autori appartenenti alla grande tradizione di innografi bizantini. Sono dei testi che sottolineano il mistero dell’Incontro del Verbo di Dio incarnato con l’uomo, il nuovo Bambino, il Dio prima dei secoli –come lo cantavamo a Natale- viene incontro all’uomo. Uno dei tropari del vespro è entrato anche come canto di offertorio della liturgia romana: Adorna il tuo talamo, o Sion, e accogli il Re Cristo; abbraccia Maria, la celeste porta, perché essa è di­venuta trono di cherubini, essa porta il Re della gloria; è nube di luce la Vergine perché reca in sé, nella carne, il Figlio che è prima della stella del mat­tino... Nei testi dell’ufficiatura ci viene offerta tutta una raccolta di immagini bibliche applicate alla Madre di Dio con un retroterra chiaramente cristologico: essa è celeste porta, trono di cherubini, nube di luce… Troviamo anche le tipiche e bellissime confessioni cristologiche adoperate per via di contrasto: Colui che portano i cherubini e cantano i serafini... ecco nelle braccia di Maria... nelle mani del santo vegliardo... E in riferimento a costui, a Simeone, troviamo ancora: ...portando la Vita, chiede di essere sciolto dalla vita... Inoltre questo stesso tropario si conclude con un riferimento direttamente pasquale: Lascia che io me ne vada, o Sovrano, per annunciare ad Adamo che ho visto il Dio che è prima dei secoli fatto bambino…
L’ufficiatura del vespro prevede anche tre letture veterotestamentarie, prese la prima da Es 13 e Lv 12: la presentazione e consacrazione a Dio dei primogeniti, collegandola proprio alla festa della presentazione di Gesù nel tempio al quarantesimo giorno dalla sua nascita. Le altre due letture sono prese ambedue del profeta Isaia; dal capo 6 l=una, che narra la prima teofania che si manifesta al profeta con il tema della santità di Dio e l=acclamazio­ne dell=inno tre volte santo, e quindi la purificazione delle labbra di Isaia con il carbone preso dall=altare; ed infine la terza lettura, presa dal capo 12 di Isaia, con il riferimento all=uomo e all=altare messi tra gli egiziani -simbolo dei popoli pagani- e che porteranno -l=uomo e l=altare- la salvezza di Dio.

La stessa icona della festa ha come retroterra i testi di Es 13, la presentazione dei primogeniti, e soprattutto Lc 2,22-39: l=incontro di Gesù con Simeone. L=icona mette in luce particolarmente l=incontro di Dio con l=uomo e manifesta ancora una volta il mistero dell=Incarnazione. La distribuzione iconografia è molto chiara: Gesù bambino in centro, poi ai lati in un primo livello Maria e Simeone, ed in un secondo livello Giuseppe ed Anna. In fondo l=altare ed il baldacchino che lo copre, riprendendo la distribuzione tipica dell=altare cristiano: baldacchino, altare ed evangeliario sopra. Da sottolineare ancora la somiglianza di Simeone ed Anna, come disposizione e caratteristiche iconografiche, ad Adamo ed Eva nell=icona pasquale della discesa di Cristo agli inferi, con gli stessi sguardi di Simeone ed Adamo, e di Anna ed Eva verso Cristo sia nell’una che nell’altra delle icone. In quella del 2 febbraio è Simeone che si china per accogliere / abbracciare Cristo, in quella di Pasqua è Cristo che si china per accogliere / abbracciare Adamo. L=icona della festa dell=Incontro diventa l=annuncio dell=altro grande Incontro, quando l=Uomo nuovo, Cristo scende nell’Ade per prenderne l=uomo vecchio, Adamo.

La festa del 2 febbraio è una festa che ha un senso fortemente pasquale, e ne è un annunzio evidente. Gioisci, Madre-di-Dio Vergine piena di grazia: da te infatti è sorto il sole di giustizia, Cristo Dio no­stro, che illumina quanti sono nelle tenebre. Gioisci anche tu, o giusto vegliardo, accogliendo fra le braccia il libe­ratore delle anime nostre che ci dona anche la risurrezione. Questo tropario della festa che si conclude con la frase: ci dona anche la risurrezione, è molto vicino alla conclusione del tropario pasquale: ...e a coloro che sono nei sepolcri ha fatto il dono della vita. Icona / Festa dell=Incontro di Gesù bambino con l=anziano Simeone; icona / festa dell=Incontro di Dio, per mezzo dell=Incar­nazione del Figlio, con l=umanità, con ogni uomo, incontro che ha luogo nel Tempio, nella vita ecclesiale di ogni cristiano, di ognuno di noi.

P. Manuel Nin osb
Rettore
Pontificio Collegio Greco
Nota: Pubblicato aull’Osservatore Romano del 2 febbraio 2009