lunes, 22 de agosto de 2016


Oggi nasce Giovanni, il messaggero del Dio Verbo.
L’innografia di san Giovanni Damasceno
per la nascita di san Giovanni Battista
            La figura del “profeta e precursore” (pròdromos) Giovanni Battista è una di quelle più celebrate nella tradizione liturgica delle Chiese di Oriente. Come di Cristo e della Madre di Dio, se ne celebra la concezione il 23 settembre, la nascita il 24 giugno, e la morte (il martirio, la decollazione) il 29 agosto. Inoltre Giovanni Battista viene celebrato anche il 7 gennaio, immediatamente dopo la festa del Battesimo di Cristo, secondo la prassi delle liturgie orientali che il giorno dopo una grande festa celebra il personaggio per mezzo di cui Dio porta a termine il suo mistero di salvezza. L’ufficiatura della festa raccoglie dei tropari composti dai grandi innografi bizantini: Giovanni Damasceno (+ 750), Andrea di Creta (+ 740), e la monaca Cassianì (IX sec.) che è l’unico esempio di donna innografa nella tradizione bizantina, e che ci ha tramandato anche dei bellissimi testi per il Mercoledì Santo e per il Sabato Santo. I tropari del vespro della festa cantano Giovanni Battista come colui che: “Oggi è apparso, il grande precursore, il profeta più grande di tutti i profeti: poiché alla lampada del precursore succede la luce sfolgorante, alla voce, il Verbo, e lo sposo al para­ninfo che prepara al Signore un popolo di suo peculiare possesso e in anticipo lo purifica mediante l’acqua, in vista dello Spirito. Questi è il germo­glio di Zacca­ria, l’ottimo figlio del deserto, l’a­raldo della conver­sione, la purifi­cazione dei delitti, colui che annuncia nell’ade la risurrezione dai morti e intercede per le anime nostre”. I testi dell'ufficiatura della festa ritornano molto spesso su questi ruoli del Battista come precursore e annunciatore della nascita e della risurrezione di Cristo, e come intercessore per il popolo.
Il cànone del mattutino della festa, composizione poetica in nove odi, è di Giovanni Damasceno, e in esso si snoda la contemplazione della figura del precursore di Cristo. La prima delle strofe di ognuna delle odi è sempre riferita a Cristo e costituisce la chiave di lettura cristologica del testo del cantico biblico a cui l’ode stessa poggia e si ispira: “O tu che sei stato partorito dalla Vergine, sommergi, ti prego, come forti capitani scelti (cf., Es 15,1-19), nell’abisso del­l’impassibili­tà, le tre parti dell’anima, affinché io con la morti­ficazione del corpo, come con un timpa­no ti canti un inno di vittoria”. “Non ci gloriamo né nella sapienza né nella potenza o nella ricchezza ma in te, o Cristo, sapienza di Dio Padre: perché non c’è santo all’in­fuo­ri di te, amico degli uomini (cf., 1Sa 2,1-10)”. Colui che siede nella gloria sul trono della divi­ni­tà, Gesù, Dio trascendente ogni pensiero, è venuto su nube leggera (cf., Ab 3,1-19), con la sua forza immacolata, e ha salvato quanti acclama­no: Glo­ria, o Cristo, alla tua potenza”. “O Cristo benefattore onnipotente, con la tua discesa hai irrorato di rugiada coloro che in mezzo alla fiamma avevano mostrato la loro pietà, e hai insegnato a canta­re: Opere tutte, benedite e celebrate il Signo­re (cf., Dn 3,57-88)”. Il mistero della concezione e della nascita di Cristo viene quasi contrapposto a quello di Giovanni Battista: la concezione verginale di Cristo e quella di Giovanni da due anziani; e ancora la sterilità di Elisabetta che dà il suo frutto nella nascita e in qualche modo nel ministero di predicatore del Battista: “Celebriamo il precursore del Signore, che Elisabet­ta ha partorito al sacerdote da matrice sterile, ma non senza seme: Cristo solo, infatti ha attraversato una terra non percorribile e senza seme. Giovanni, lo ha gene­rato una steri­le, ma non senza uomo lo ha partorito; Gesù, lo ha partorito una Vergine pura adombrata dal Padre e dallo Spirito di Dio. Ma di colui che nasce dalla Vergi­ne, è divenuto profeta e insieme araldo e precursore colui che è nato dalla sterile”.
In diverse delle strofe Giovanni Damasceno si compiace a sottolineare con immagini contrastanti Zaccaria che diventa muto e Giovanni Battista che diventa voce e annunziatore: “Zaccaria, udite le parole di Gabriele, si mostrò incredulo di fronte al messaggio divino, e fu condannato al silenzio: ma da esso viene subitamente sciolto, perché è nata la voce, Giovanni, il precursore del Verbo… Come sole raggiante è sorto per noi dal grembo di Elisa­betta il figlio di Zaccaria: egli scioglie la lingua muta del padre e grida a tutti i popoli con grande franchezza: Raddrizzate le vie del Signore…”. Lungo tutto il cànone sono diversi i titoli che l’autore dà al Battista, titoli legati sempre al suo ruolo in rapporto a Cristo: “Nobile alba che precorre il sole, il germo­glio della sterile…; vero profeta dell’Altissimo…; l’araldo veracissimo, la voce che annuncia il Figlio della Vergine…; veracissima lampada di Cristo…; angelo terrestre e mortale celeste…”.
Elisabetta viene anche contemplata nel testo liturgico sotto diversi aspetti. La sua sterilità è sempre collegata con la verginità di Maria, viste ambedue come due fatti prodigiosi anch’essi precursore l’uno dell'altro, allo stesso modo che Giovanni lo sarà di Cristo: “Si compie da una Vergine la nascita del Sovrano; ma quella del servo e amico, da madre anziana e steri­le: convenientemente un prodigio precorre il prodigio… l’anziana rugosa e sterile saluta la Vergine madre, sapendo con tutta certezza che grazie al parto di costei sono stati sciolti i vincoli della sua steri­lità…”. Il parto prodigioso di Elisabetta inoltre rende affidabile quello di Maria: “Sono nato per servire come schiavo al Sovrano: per questo vengo per annunciare il suo avvento, tanto che una donna vecchia e sterile, che ha prodi­gio­sa­mente generato, rende credibile il parto della Vergine”. Lungo tutto il cànone, Giovanni Damasceno vuol mettere in rilievo che la coppia Giovanni-Cristo, voce-parola, viene preceduta dalla coppia Elisabetta-Maria, sterilità-verginità. La sterilità di Elisabetta, inoltre, viene presentata nel testo come luogo di guarigione e di grazia: “La tua gloriosa nascita dalla sterile ha risanato tutta la natura malata, insegnando, o precursore, a cantare: Benedetto tu sei, Signore, Dio dei padri nostri… Da una sterile sei nato, o precursore: sì, nella sterilità della legge, davvero è giunta la grazia…”.
Alcuni dei tropari del vespro e lo stesso cànone del Damasceno danno a Giovanni Battista il titolo di “ottimo figlio del deserto”, oppure fanno riferimento al “luogo deserto” collegato con la sterilità di Elisabetta da una parte, e dall’altra con il ruolo che Giovanni ha come colui che ha vissuto nel deserto, e facendone un precursore sia di Colui che vi soggiornerà durante quaranta giorni, sia di coloro che lo sceglieranno come luogo e modo di vita: “Da grembo deserto, il precurso­re di Cristo viene come tortora, condotta dunque alla Chiesa quasi da bosco piantato da Dio, e canta: Opere tutte, bene­dite e celebrate il Signo­re. Popolo teòforo, nazione santa, imita la tortora di Cristo, e canta con voce soave, vivendo in castità: Opere tutte, benedite e celebrate il Signore”.

P. Manuel Nin
Pontificio Collegio Greco
Roma


L’innografia del Damasceno per la nascita di san Giovanni Battista
Oggi è apparsa la lampada del precursore
La figura del profeta e precursore (pròdromos) Giovanni Battista è una di quelle più celebrate nella tradizione liturgica delle Chiese di oriente. Come di Cristo e della Madre di Dio, se ne celebra la concezione (23 settembre), la nascita (24 giugno) e la morte (il martirio, la decollazione, 29 agosto).
Inoltre il Battista viene celebrato anche il 7 gennaio, subito dopo la festa del Battesimo di Cristo, secondo la prassi delle liturgie orientali che il giorno successivo a una grande festa celebra il personaggio per mezzo del quale Dio compie il suo mistero di salvezza.
L’ufficiatura della festa raccoglie tropari dei grandi innografi bizantini: Andrea di Creta (+740), Giovanni Damasceno (+750) e la monaca Cassianì (IX secolo), unica donna in questa tradizione, autrice di bellissimi testi per il Mercoledì santo e il Sabato santo. Il vespro canta il Battista come colui che «oggi è apparso, il grande precursore, il profeta più grande di tutti i profeti: poiché alla lampada del precursore succede la luce sfolgorante, alla voce il Verbo. Questi è il germoglio di Zaccaria, l’ottimo figlio del deserto, l’araldo della conversione, la purificazione dei delitti, colui che annuncia nell’ade la risurrezione dai morti e intercede per le anime nostre».
Il canone del mattutino, composizione poetica in nove odi, è di Giovanni Damasceno, e in esso si snoda la contemplazione della figura del precursore. Il mistero della concezione e della nascita di Cristo viene quasi contrapposto a quello del Battista: la concezione verginale di Gesù e quella di Giovanni da due anziani e la sterilità di Elisabetta che dà il suo frutto nella nascita e nel ministero di predicatore del Battista.
In diverse strofe il Damasceno sottolinea con immagini contrastanti Zaccaria che diventa muto e Giovanni che diventa voce e annunziatore: «Zaccaria, udite le parole di Gabriele, si mostrò incredulo di fronte al messaggio divino, e fu condannato al silenzio: ma da esso viene subitamente sciolto, perché è nata la voce, Giovanni, il precursore del Verbo. Come sole raggiante è sorto per noi dal grembo di Elisabetta il figlio di Zaccaria: egli scioglie la lingua muta del padre e grida a tutti i popoli con grande franchezza: Raddrizzate le vie del Signore».
Elisabetta viene contemplata sotto diversi aspetti. La sua sterilità è sempre collegata con la verginità di Maria, viste come due fatti prodigiosi l’uno precursore dell’altro, come Giovanni lo sarà di Cristo: «Sono nato per servire come schiavo al Sovrano: per questo vengo per annunciare il suo avvento, tanto che una donna vecchia e sterile, che ha prodigiosamente generato, rende credibile il parto della Vergine». La sterilità di Elisabetta, inoltre, viene presentata nel testo come luogo di guarigione e di grazia: «La tua gloriosa nascita dalla sterile ha risanato tutta la natura malata, insegnando, o precursore, a cantare: Benedetto tu sei, Signore, Dio dei padri nostri. Da una sterile sei nato, o precursore: sì, nella sterilità della legge, davvero è giunta la grazia».
Alcuni tropari del vespro e il canone danno al Battista il titolo di «ottimo figlio del deserto» o fanno riferimento al «luogo deserto» dove Giovanni ha vissuto, precursore sia di colui che vi soggiornerà per quaranta giorni sia di quanti lo sceglieranno come luogo e modo di vita: «Da grembo deserto, il precursore di Cristo viene come tortora, condotta dunque alla Chiesa quasi da bosco piantato da Dio, e canta: Opere tutte, benedite e celebrate il Signore. Popolo teoforo, nazione santa, imita la tortora di Cristo, e canta con voce soave, vivendo in castità: Opere tutte, benedite e celebrate il Signore».

  Manuel Nin
25 giugno 2011



Oggi nasce Giovanni, il messaggero del Dio Verbo.
L’innografia di san Giovanni Damasceno
per la nascita di san Giovanni Battista
            La figura del “profeta e precursore” (pròdromos) Giovanni Battista è una di quelle più celebrate nella tradizione liturgica delle Chiese di Oriente. Come di Cristo e della Madre di Dio, se ne celebra la concezione il 23 settembre, la nascita il 24 giugno, e la morte (il martirio, la decollazione) il 29 agosto. Inoltre Giovanni Battista viene celebrato anche il 7 gennaio, immediatamente dopo la festa del Battesimo di Cristo, secondo la prassi delle liturgie orientali che il giorno dopo una grande festa celebra il personaggio per mezzo di cui Dio porta a termine il suo mistero di salvezza. L’ufficiatura della festa raccoglie dei tropari composti dai grandi innografi bizantini: Giovanni Damasceno (+ 750), Andrea di Creta (+ 740), e la monaca Cassianì (IX sec.) che è l’unico esempio di donna innografa nella tradizione bizantina, e che ci ha tramandato anche dei bellissimi testi per il Mercoledì Santo e per il Sabato Santo. I tropari del vespro della festa cantano Giovanni Battista come colui che: “Oggi è apparso, il grande precursore, il profeta più grande di tutti i profeti: poiché alla lampada del precursore succede la luce sfolgorante, alla voce, il Verbo, e lo sposo al para­ninfo che prepara al Signore un popolo di suo peculiare possesso e in anticipo lo purifica mediante l’acqua, in vista dello Spirito. Questi è il germo­glio di Zacca­ria, l’ottimo figlio del deserto, l’a­raldo della conver­sione, la purifi­cazione dei delitti, colui che annuncia nell’ade la risurrezione dai morti e intercede per le anime nostre”. I testi dell'ufficiatura della festa ritornano molto spesso su questi ruoli del Battista come precursore e annunciatore della nascita e della risurrezione di Cristo, e come intercessore per il popolo.
Il cànone del mattutino della festa, composizione poetica in nove odi, è di Giovanni Damasceno, e in esso si snoda la contemplazione della figura del precursore di Cristo. La prima delle strofe di ognuna delle odi è sempre riferita a Cristo e costituisce la chiave di lettura cristologica del testo del cantico biblico a cui l’ode stessa poggia e si ispira: “O tu che sei stato partorito dalla Vergine, sommergi, ti prego, come forti capitani scelti (cf., Es 15,1-19), nell’abisso del­l’impassibili­tà, le tre parti dell’anima, affinché io con la morti­ficazione del corpo, come con un timpa­no ti canti un inno di vittoria”. “Non ci gloriamo né nella sapienza né nella potenza o nella ricchezza ma in te, o Cristo, sapienza di Dio Padre: perché non c’è santo all’in­fuo­ri di te, amico degli uomini (cf., 1Sa 2,1-10)”. Colui che siede nella gloria sul trono della divi­ni­tà, Gesù, Dio trascendente ogni pensiero, è venuto su nube leggera (cf., Ab 3,1-19), con la sua forza immacolata, e ha salvato quanti acclama­no: Glo­ria, o Cristo, alla tua potenza”. “O Cristo benefattore onnipotente, con la tua discesa hai irrorato di rugiada coloro che in mezzo alla fiamma avevano mostrato la loro pietà, e hai insegnato a canta­re: Opere tutte, benedite e celebrate il Signo­re (cf., Dn 3,57-88)”. Il mistero della concezione e della nascita di Cristo viene quasi contrapposto a quello di Giovanni Battista: la concezione verginale di Cristo e quella di Giovanni da due anziani; e ancora la sterilità di Elisabetta che dà il suo frutto nella nascita e in qualche modo nel ministero di predicatore del Battista: “Celebriamo il precursore del Signore, che Elisabet­ta ha partorito al sacerdote da matrice sterile, ma non senza seme: Cristo solo, infatti ha attraversato una terra non percorribile e senza seme. Giovanni, lo ha gene­rato una steri­le, ma non senza uomo lo ha partorito; Gesù, lo ha partorito una Vergine pura adombrata dal Padre e dallo Spirito di Dio. Ma di colui che nasce dalla Vergi­ne, è divenuto profeta e insieme araldo e precursore colui che è nato dalla sterile”.
In diverse delle strofe Giovanni Damasceno si compiace a sottolineare con immagini contrastanti Zaccaria che diventa muto e Giovanni Battista che diventa voce e annunziatore: “Zaccaria, udite le parole di Gabriele, si mostrò incredulo di fronte al messaggio divino, e fu condannato al silenzio: ma da esso viene subitamente sciolto, perché è nata la voce, Giovanni, il precursore del Verbo… Come sole raggiante è sorto per noi dal grembo di Elisa­betta il figlio di Zaccaria: egli scioglie la lingua muta del padre e grida a tutti i popoli con grande franchezza: Raddrizzate le vie del Signore…”. Lungo tutto il cànone sono diversi i titoli che l’autore dà al Battista, titoli legati sempre al suo ruolo in rapporto a Cristo: “Nobile alba che precorre il sole, il germo­glio della sterile…; vero profeta dell’Altissimo…; l’araldo veracissimo, la voce che annuncia il Figlio della Vergine…; veracissima lampada di Cristo…; angelo terrestre e mortale celeste…”.
Elisabetta viene anche contemplata nel testo liturgico sotto diversi aspetti. La sua sterilità è sempre collegata con la verginità di Maria, viste ambedue come due fatti prodigiosi anch’essi precursore l’uno dell'altro, allo stesso modo che Giovanni lo sarà di Cristo: “Si compie da una Vergine la nascita del Sovrano; ma quella del servo e amico, da madre anziana e steri­le: convenientemente un prodigio precorre il prodigio… l’anziana rugosa e sterile saluta la Vergine madre, sapendo con tutta certezza che grazie al parto di costei sono stati sciolti i vincoli della sua steri­lità…”. Il parto prodigioso di Elisabetta inoltre rende affidabile quello di Maria: “Sono nato per servire come schiavo al Sovrano: per questo vengo per annunciare il suo avvento, tanto che una donna vecchia e sterile, che ha prodi­gio­sa­mente generato, rende credibile il parto della Vergine”. Lungo tutto il cànone, Giovanni Damasceno vuol mettere in rilievo che la coppia Giovanni-Cristo, voce-parola, viene preceduta dalla coppia Elisabetta-Maria, sterilità-verginità. La sterilità di Elisabetta, inoltre, viene presentata nel testo come luogo di guarigione e di grazia: “La tua gloriosa nascita dalla sterile ha risanato tutta la natura malata, insegnando, o precursore, a cantare: Benedetto tu sei, Signore, Dio dei padri nostri… Da una sterile sei nato, o precursore: sì, nella sterilità della legge, davvero è giunta la grazia…”.
Alcuni dei tropari del vespro e lo stesso cànone del Damasceno danno a Giovanni Battista il titolo di “ottimo figlio del deserto”, oppure fanno riferimento al “luogo deserto” collegato con la sterilità di Elisabetta da una parte, e dall’altra con il ruolo che Giovanni ha come colui che ha vissuto nel deserto, e facendone un precursore sia di Colui che vi soggiornerà durante quaranta giorni, sia di coloro che lo sceglieranno come luogo e modo di vita: “Da grembo deserto, il precurso­re di Cristo viene come tortora, condotta dunque alla Chiesa quasi da bosco piantato da Dio, e canta: Opere tutte, bene­dite e celebrate il Signo­re. Popolo teòforo, nazione santa, imita la tortora di Cristo, e canta con voce soave, vivendo in castità: Opere tutte, benedite e celebrate il Signore”.

P. Manuel Nin
Pontificio Collegio Greco
Roma


L’innografia del Damasceno per la nascita di san Giovanni Battista
Oggi è apparsa la lampada del precursore
La figura del profeta e precursore (pròdromos) Giovanni Battista è una di quelle più celebrate nella tradizione liturgica delle Chiese di oriente. Come di Cristo e della Madre di Dio, se ne celebra la concezione (23 settembre), la nascita (24 giugno) e la morte (il martirio, la decollazione, 29 agosto).
Inoltre il Battista viene celebrato anche il 7 gennaio, subito dopo la festa del Battesimo di Cristo, secondo la prassi delle liturgie orientali che il giorno successivo a una grande festa celebra il personaggio per mezzo del quale Dio compie il suo mistero di salvezza.
L’ufficiatura della festa raccoglie tropari dei grandi innografi bizantini: Andrea di Creta (+740), Giovanni Damasceno (+750) e la monaca Cassianì (IX secolo), unica donna in questa tradizione, autrice di bellissimi testi per il Mercoledì santo e il Sabato santo. Il vespro canta il Battista come colui che «oggi è apparso, il grande precursore, il profeta più grande di tutti i profeti: poiché alla lampada del precursore succede la luce sfolgorante, alla voce il Verbo. Questi è il germoglio di Zaccaria, l’ottimo figlio del deserto, l’araldo della conversione, la purificazione dei delitti, colui che annuncia nell’ade la risurrezione dai morti e intercede per le anime nostre».
Il canone del mattutino, composizione poetica in nove odi, è di Giovanni Damasceno, e in esso si snoda la contemplazione della figura del precursore. Il mistero della concezione e della nascita di Cristo viene quasi contrapposto a quello del Battista: la concezione verginale di Gesù e quella di Giovanni da due anziani e la sterilità di Elisabetta che dà il suo frutto nella nascita e nel ministero di predicatore del Battista.
In diverse strofe il Damasceno sottolinea con immagini contrastanti Zaccaria che diventa muto e Giovanni che diventa voce e annunziatore: «Zaccaria, udite le parole di Gabriele, si mostrò incredulo di fronte al messaggio divino, e fu condannato al silenzio: ma da esso viene subitamente sciolto, perché è nata la voce, Giovanni, il precursore del Verbo. Come sole raggiante è sorto per noi dal grembo di Elisabetta il figlio di Zaccaria: egli scioglie la lingua muta del padre e grida a tutti i popoli con grande franchezza: Raddrizzate le vie del Signore».
Elisabetta viene contemplata sotto diversi aspetti. La sua sterilità è sempre collegata con la verginità di Maria, viste come due fatti prodigiosi l’uno precursore dell’altro, come Giovanni lo sarà di Cristo: «Sono nato per servire come schiavo al Sovrano: per questo vengo per annunciare il suo avvento, tanto che una donna vecchia e sterile, che ha prodigiosamente generato, rende credibile il parto della Vergine». La sterilità di Elisabetta, inoltre, viene presentata nel testo come luogo di guarigione e di grazia: «La tua gloriosa nascita dalla sterile ha risanato tutta la natura malata, insegnando, o precursore, a cantare: Benedetto tu sei, Signore, Dio dei padri nostri. Da una sterile sei nato, o precursore: sì, nella sterilità della legge, davvero è giunta la grazia».
Alcuni tropari del vespro e il canone danno al Battista il titolo di «ottimo figlio del deserto» o fanno riferimento al «luogo deserto» dove Giovanni ha vissuto, precursore sia di colui che vi soggiornerà per quaranta giorni sia di quanti lo sceglieranno come luogo e modo di vita: «Da grembo deserto, il precursore di Cristo viene come tortora, condotta dunque alla Chiesa quasi da bosco piantato da Dio, e canta: Opere tutte, benedite e celebrate il Signore. Popolo teoforo, nazione santa, imita la tortora di Cristo, e canta con voce soave, vivendo in castità: Opere tutte, benedite e celebrate il Signore».

  Manuel Nin
25 giugno 2011



Oggi nasce Giovanni, il messaggero del Dio Verbo.
L’innografia di san Giovanni Damasceno
per la nascita di san Giovanni Battista
            La figura del “profeta e precursore” (pròdromos) Giovanni Battista è una di quelle più celebrate nella tradizione liturgica delle Chiese di Oriente. Come di Cristo e della Madre di Dio, se ne celebra la concezione il 23 settembre, la nascita il 24 giugno, e la morte (il martirio, la decollazione) il 29 agosto. Inoltre Giovanni Battista viene celebrato anche il 7 gennaio, immediatamente dopo la festa del Battesimo di Cristo, secondo la prassi delle liturgie orientali che il giorno dopo una grande festa celebra il personaggio per mezzo di cui Dio porta a termine il suo mistero di salvezza. L’ufficiatura della festa raccoglie dei tropari composti dai grandi innografi bizantini: Giovanni Damasceno (+ 750), Andrea di Creta (+ 740), e la monaca Cassianì (IX sec.) che è l’unico esempio di donna innografa nella tradizione bizantina, e che ci ha tramandato anche dei bellissimi testi per il Mercoledì Santo e per il Sabato Santo. I tropari del vespro della festa cantano Giovanni Battista come colui che: “Oggi è apparso, il grande precursore, il profeta più grande di tutti i profeti: poiché alla lampada del precursore succede la luce sfolgorante, alla voce, il Verbo, e lo sposo al para­ninfo che prepara al Signore un popolo di suo peculiare possesso e in anticipo lo purifica mediante l’acqua, in vista dello Spirito. Questi è il germo­glio di Zacca­ria, l’ottimo figlio del deserto, l’a­raldo della conver­sione, la purifi­cazione dei delitti, colui che annuncia nell’ade la risurrezione dai morti e intercede per le anime nostre”. I testi dell'ufficiatura della festa ritornano molto spesso su questi ruoli del Battista come precursore e annunciatore della nascita e della risurrezione di Cristo, e come intercessore per il popolo.
Il cànone del mattutino della festa, composizione poetica in nove odi, è di Giovanni Damasceno, e in esso si snoda la contemplazione della figura del precursore di Cristo. La prima delle strofe di ognuna delle odi è sempre riferita a Cristo e costituisce la chiave di lettura cristologica del testo del cantico biblico a cui l’ode stessa poggia e si ispira: “O tu che sei stato partorito dalla Vergine, sommergi, ti prego, come forti capitani scelti (cf., Es 15,1-19), nell’abisso del­l’impassibili­tà, le tre parti dell’anima, affinché io con la morti­ficazione del corpo, come con un timpa­no ti canti un inno di vittoria”. “Non ci gloriamo né nella sapienza né nella potenza o nella ricchezza ma in te, o Cristo, sapienza di Dio Padre: perché non c’è santo all’in­fuo­ri di te, amico degli uomini (cf., 1Sa 2,1-10)”. Colui che siede nella gloria sul trono della divi­ni­tà, Gesù, Dio trascendente ogni pensiero, è venuto su nube leggera (cf., Ab 3,1-19), con la sua forza immacolata, e ha salvato quanti acclama­no: Glo­ria, o Cristo, alla tua potenza”. “O Cristo benefattore onnipotente, con la tua discesa hai irrorato di rugiada coloro che in mezzo alla fiamma avevano mostrato la loro pietà, e hai insegnato a canta­re: Opere tutte, benedite e celebrate il Signo­re (cf., Dn 3,57-88)”. Il mistero della concezione e della nascita di Cristo viene quasi contrapposto a quello di Giovanni Battista: la concezione verginale di Cristo e quella di Giovanni da due anziani; e ancora la sterilità di Elisabetta che dà il suo frutto nella nascita e in qualche modo nel ministero di predicatore del Battista: “Celebriamo il precursore del Signore, che Elisabet­ta ha partorito al sacerdote da matrice sterile, ma non senza seme: Cristo solo, infatti ha attraversato una terra non percorribile e senza seme. Giovanni, lo ha gene­rato una steri­le, ma non senza uomo lo ha partorito; Gesù, lo ha partorito una Vergine pura adombrata dal Padre e dallo Spirito di Dio. Ma di colui che nasce dalla Vergi­ne, è divenuto profeta e insieme araldo e precursore colui che è nato dalla sterile”.
In diverse delle strofe Giovanni Damasceno si compiace a sottolineare con immagini contrastanti Zaccaria che diventa muto e Giovanni Battista che diventa voce e annunziatore: “Zaccaria, udite le parole di Gabriele, si mostrò incredulo di fronte al messaggio divino, e fu condannato al silenzio: ma da esso viene subitamente sciolto, perché è nata la voce, Giovanni, il precursore del Verbo… Come sole raggiante è sorto per noi dal grembo di Elisa­betta il figlio di Zaccaria: egli scioglie la lingua muta del padre e grida a tutti i popoli con grande franchezza: Raddrizzate le vie del Signore…”. Lungo tutto il cànone sono diversi i titoli che l’autore dà al Battista, titoli legati sempre al suo ruolo in rapporto a Cristo: “Nobile alba che precorre il sole, il germo­glio della sterile…; vero profeta dell’Altissimo…; l’araldo veracissimo, la voce che annuncia il Figlio della Vergine…; veracissima lampada di Cristo…; angelo terrestre e mortale celeste…”.
Elisabetta viene anche contemplata nel testo liturgico sotto diversi aspetti. La sua sterilità è sempre collegata con la verginità di Maria, viste ambedue come due fatti prodigiosi anch’essi precursore l’uno dell'altro, allo stesso modo che Giovanni lo sarà di Cristo: “Si compie da una Vergine la nascita del Sovrano; ma quella del servo e amico, da madre anziana e steri­le: convenientemente un prodigio precorre il prodigio… l’anziana rugosa e sterile saluta la Vergine madre, sapendo con tutta certezza che grazie al parto di costei sono stati sciolti i vincoli della sua steri­lità…”. Il parto prodigioso di Elisabetta inoltre rende affidabile quello di Maria: “Sono nato per servire come schiavo al Sovrano: per questo vengo per annunciare il suo avvento, tanto che una donna vecchia e sterile, che ha prodi­gio­sa­mente generato, rende credibile il parto della Vergine”. Lungo tutto il cànone, Giovanni Damasceno vuol mettere in rilievo che la coppia Giovanni-Cristo, voce-parola, viene preceduta dalla coppia Elisabetta-Maria, sterilità-verginità. La sterilità di Elisabetta, inoltre, viene presentata nel testo come luogo di guarigione e di grazia: “La tua gloriosa nascita dalla sterile ha risanato tutta la natura malata, insegnando, o precursore, a cantare: Benedetto tu sei, Signore, Dio dei padri nostri… Da una sterile sei nato, o precursore: sì, nella sterilità della legge, davvero è giunta la grazia…”.
Alcuni dei tropari del vespro e lo stesso cànone del Damasceno danno a Giovanni Battista il titolo di “ottimo figlio del deserto”, oppure fanno riferimento al “luogo deserto” collegato con la sterilità di Elisabetta da una parte, e dall’altra con il ruolo che Giovanni ha come colui che ha vissuto nel deserto, e facendone un precursore sia di Colui che vi soggiornerà durante quaranta giorni, sia di coloro che lo sceglieranno come luogo e modo di vita: “Da grembo deserto, il precurso­re di Cristo viene come tortora, condotta dunque alla Chiesa quasi da bosco piantato da Dio, e canta: Opere tutte, bene­dite e celebrate il Signo­re. Popolo teòforo, nazione santa, imita la tortora di Cristo, e canta con voce soave, vivendo in castità: Opere tutte, benedite e celebrate il Signore”.

P. Manuel Nin
Pontificio Collegio Greco
Roma


L’innografia del Damasceno per la nascita di san Giovanni Battista
Oggi è apparsa la lampada del precursore
La figura del profeta e precursore (pròdromos) Giovanni Battista è una di quelle più celebrate nella tradizione liturgica delle Chiese di oriente. Come di Cristo e della Madre di Dio, se ne celebra la concezione (23 settembre), la nascita (24 giugno) e la morte (il martirio, la decollazione, 29 agosto).
Inoltre il Battista viene celebrato anche il 7 gennaio, subito dopo la festa del Battesimo di Cristo, secondo la prassi delle liturgie orientali che il giorno successivo a una grande festa celebra il personaggio per mezzo del quale Dio compie il suo mistero di salvezza.
L’ufficiatura della festa raccoglie tropari dei grandi innografi bizantini: Andrea di Creta (+740), Giovanni Damasceno (+750) e la monaca Cassianì (IX secolo), unica donna in questa tradizione, autrice di bellissimi testi per il Mercoledì santo e il Sabato santo. Il vespro canta il Battista come colui che «oggi è apparso, il grande precursore, il profeta più grande di tutti i profeti: poiché alla lampada del precursore succede la luce sfolgorante, alla voce il Verbo. Questi è il germoglio di Zaccaria, l’ottimo figlio del deserto, l’araldo della conversione, la purificazione dei delitti, colui che annuncia nell’ade la risurrezione dai morti e intercede per le anime nostre».
Il canone del mattutino, composizione poetica in nove odi, è di Giovanni Damasceno, e in esso si snoda la contemplazione della figura del precursore. Il mistero della concezione e della nascita di Cristo viene quasi contrapposto a quello del Battista: la concezione verginale di Gesù e quella di Giovanni da due anziani e la sterilità di Elisabetta che dà il suo frutto nella nascita e nel ministero di predicatore del Battista.
In diverse strofe il Damasceno sottolinea con immagini contrastanti Zaccaria che diventa muto e Giovanni che diventa voce e annunziatore: «Zaccaria, udite le parole di Gabriele, si mostrò incredulo di fronte al messaggio divino, e fu condannato al silenzio: ma da esso viene subitamente sciolto, perché è nata la voce, Giovanni, il precursore del Verbo. Come sole raggiante è sorto per noi dal grembo di Elisabetta il figlio di Zaccaria: egli scioglie la lingua muta del padre e grida a tutti i popoli con grande franchezza: Raddrizzate le vie del Signore».
Elisabetta viene contemplata sotto diversi aspetti. La sua sterilità è sempre collegata con la verginità di Maria, viste come due fatti prodigiosi l’uno precursore dell’altro, come Giovanni lo sarà di Cristo: «Sono nato per servire come schiavo al Sovrano: per questo vengo per annunciare il suo avvento, tanto che una donna vecchia e sterile, che ha prodigiosamente generato, rende credibile il parto della Vergine». La sterilità di Elisabetta, inoltre, viene presentata nel testo come luogo di guarigione e di grazia: «La tua gloriosa nascita dalla sterile ha risanato tutta la natura malata, insegnando, o precursore, a cantare: Benedetto tu sei, Signore, Dio dei padri nostri. Da una sterile sei nato, o precursore: sì, nella sterilità della legge, davvero è giunta la grazia».
Alcuni tropari del vespro e il canone danno al Battista il titolo di «ottimo figlio del deserto» o fanno riferimento al «luogo deserto» dove Giovanni ha vissuto, precursore sia di colui che vi soggiornerà per quaranta giorni sia di quanti lo sceglieranno come luogo e modo di vita: «Da grembo deserto, il precursore di Cristo viene come tortora, condotta dunque alla Chiesa quasi da bosco piantato da Dio, e canta: Opere tutte, benedite e celebrate il Signore. Popolo teoforo, nazione santa, imita la tortora di Cristo, e canta con voce soave, vivendo in castità: Opere tutte, benedite e celebrate il Signore».

  Manuel Nin
25 giugno 2011