sábado, 27 de septiembre de 2014

Dal Venerdì Santo alla Domenica di Pasqua nella tradizione siro occidentale.
Discese il buon Pastore per cercare
Adamo la pecora smarrita.

            La celebrazione del grande Venerdì della crocefissione nella tradizione siro occidentale comprende le diverse ore dell'ufficiatura ed in modo speciale la liturgia dell'adorazione e la venerazione della croce che si celebra con la preghiera delle ore di sesta e nona, e si conclude appunto con l'adorazione della croce. La celebrazione inizia con la processione di ingresso in cui il vescovo o il sacerdote celebrante porta sulle spalle una croce ed altri sacerdoti portano dei vasi con dell'incenso. Dopo l'ora di nona, comincia l'adorazione della croce; questa viene tolta dal Calvario dov'era stata collocata all'inizio, poggiata sull'altare e coperta da un velo nero; si canta l'antifona: "Cristo, che per la tua morte hai dato vita alla nostra morte, risuscita i nostri morti ed abbi pietà di noi". I testi liturgici di questa celebrazione introducono già il tema della discesa di Cristo negli inferi per riscattare Adamo e diventare così il ponte tra le tombe ed il Regno affinché tutti possano arrivare al Padre. Inoltre i testi liturgici, come nelle altre tradizioni orientali, mettono in bocca della Madre di Dio una mescolanza di pianto e di gioia; essa è nel lutto e allo stesso tempo nella speranza: "Chi mi darà, Figlio mio, le ali dell'aquila, affinché io possa volare verso le quattro parti dell'universo per invitare tutte le nazioni alla celebrazione della tua crocifissione... Oggi, vedendo come sei messo nella tomba, Figlio mio, io piango e mi rallegro; piango per la Sinagoga espulsa e mi rallegro per la Chiesa riscattata...". Le letture bibliche che vengono fatte sono: Za 12,9; Salmo 77 e Salmo 94; Atti 26,8-23; Ga 2,17-3,7; Gv 19,25-30. Dopo la lettura del vangelo, comincia l'adorazione della croce. Uno dei preti prende la croce e la presenta alla venerazione del vescovo o del sacerdote celebrante; costui l'incensa, la prende e la regge mentre il clero ed il popolo la venerano; si tratta di una celebrazione di cui ci dà testimonianza già Egeria nel IV secolo a Gerusalemme. Nel frattempo si canta: "Adoriamo la tua croce, poiché essa ha adoperato la nostra salvezza; col buon ladrone diciamo: Cristo, ricordati di noi quando verrai di nuovo". Dopo la venerazione si fa la grande esaltazione della croce: il vescovo la prende, la innalza e canta guardando verso oriente: "Colui a chi servono gli angeli. Santo Dio. Colui a chi benedicono i cherubini. Santo Forte. Colui a chi santificano i serafini. Santo Inmortale. Noi ti invochiamo e diciamo: che sei stato crocifisso per noi, abbi pietà di noi". L'invocazione si ripete verso occidente: "Colui a chi magnificano gli esseri celesti. Santo Dio. Colui a chi gli intercessori lodano. Santo Forte. Colui a chi gli esseri della terra innalzano la lode. Santo Inmortale, che sei stato crocifisso per noi, abbi pietà di noi ". Verso nord: "Colui a chi esaltano gli esseri spirituali. Santo Dio. Colui a chi glorificano gli esseri di fuoco. Santo Forte. Colui a chi adorano gli esseri della terra. Santo Inmortale, che sei stato crocifisso per noi, abbi pietà di noi ". E alla fine verso sud dove il vescovo conclude: "Signore, abbi pietà di noi. Signore perdona ed abbi pietà di noi. Signore riceve il nostro servizio e le nostre preghiere ed abbi pietà di noi. Gloria a te, o Dio; gloria a te, il Creatore; gloria a te, Re, Cristo". Siamo di fronte ad una celebrazione che manifesta chiaramente la cristologia della tradizione liturgica siro occidentale, con il canto del Trisagio in una chiave prettamente cristologica messa in luce dal versetto: "che sei stato crocifisso per noi, abbi pietà di noi ". Poi la croce viene lavata, unta e sepolta sotto l'altare. Quando è stata sepolta il vescovo conclude con questa preghiera: "Benedetto Cristo, che è stato la chiave che ha aperto le porte dello sceol e per lui Adamo, che era stato espulso dal paradiso, vi è ritornato. Gloria a te che risusciti i morti dalle tombe e rivesti loro con le vesti di gloria nel tuo Regno...". Sant'Efrem, in uno degli inni cantati nel Venerdì associa già il mattino di questo giorno con il mattino di Pasqua, dando addirittura a Cristo stesso il titolo di mattino: "Gloria a te, Cristo-Mattino, che ci hai riscattati per mezzo del tuo mattino. Ecco al mattino finì la seduta del tribunale formato dai sacerdoti, autori del crimine. Al mattino ti flagellarono, pieni di gelosia; ti presero e ti consegnarono al giudice…, ma tu come Signore, sei la fonte della vita per qualsiasi che crede in te.. Al mattino tu rivestisti Adamo di bellezza, di gloria, di splendore, ed al mattino con delle vesti di disprezzo ti hanno rivestito…. Al mattino uscì dall'Egitto il popolo… ed al mattino gli fecce caricare la croce sulle spalle e lo fecce uscire verso la morte.. A te la gloria da parte di tutte le cose belle: Tu sei lo splendore di tutte le costellazioni! Tu sei colui che riveste di bellezza tutte le piante e tutti i fiori. A te la gloria che sei il vincastro e il sostegno di tutti coloro che ne hanno bisogno!". Il ruolo di Giuseppe nella deposizione di Cristo dalla croce viene cantato alla fine della liturgia del venerdì con un testo di Efrem: "Beato sei tu che hai lo stesso nome di Giuseppe il giusto, poiché avvolgesti e seppellisti il Vivente defunto; chiudesti gli occhi del Vigilante addormentato che si addormentò e spogliò lo sceol. Guai alla morte! Sprofondò la sua vigilanza quel Vigilante che si addormentò per saccheggiarla. Chi ci aveva spogliati fu spogliato, chi ci aveva imprigionati fu imprigionato. Venite esultiamo e facciamoci beffe di lei!".
            Per quanto riguarda il Sabato Santo e la domenica di Pasqua, la liturgia siro occidentale ed i Padri di questa tradizione cristiana si soffermano nella discesa di Cristo negli inferi per riscattare Adamo e tutti gli uomini. Seguendo il genere letterario del dialogo e del confronto, un testo del mattutino del sabato mette in parallelo quanto accaduto il venerdì ed il sabato: "…ieri, venerdì, le sofferenze, la condanna, la croce, ed oggi, sabato, la calma ed il riposo. Ieri gli scribi ed i sacerdoti facevano beffa, oggi i morti nella polvere cantano la lode; ieri le rocce si spaccarono, oggi la tomba si apre nella gioia… Oggi lo sceol, come aprile, fa sentire i suoi canti di gioia ed i morti sono come fiori che germogliano… oggi la morte si rattrista vedendo Adamo, prima incatenato, oggi libero…". Il mattutino del Sabato Santo canta diversi inni di Efrem, in cui il poeta siriaco col suo linguaggio poetico e teologico canta la redenzione adoperata da Cristo: "Volò e discese quel Pastore di tutti: cercò Adamo, pecora smarrita, sulle proprie spalle la portò e salì… Asperse rugiada e pioggia vivificante su Maria, terra assetata. Come un chicco di grano cadde poi nello sceol e salì come covone e pane nuovo… Dall'alto la potenza discese per noi, e dal ventre di Maria la Speranza rifulse per noi. Dal sepolcro la Vita risorse per noi…". Ancora nel suo commento al Vangelo, sant'Efrem accosta simbolicamente i due nomi di Maria e Giuseppe nella nascita di Cristo nella grotta e nella sua sepoltura: "Eva i tipo di Maria, e Giuseppe dell'altro Giuseppe. Uno fu colui che chiese il corpo di Gesù, l'altro colui che fu giusto… Il Signore, affidato a Giuseppe alla sua nascita, fu dall'altro Giuseppe sepolto dopo la morte, affinché il nome di Giuseppe fosse onorato, perché come alla sua nascita alla grotta anche alla sua deposizione nel sepolcro lui era presente". La liturgia della domenica di Pasqua si trattiene ancora nella contemplazione del giorno in cui Cristo vince la morte; uno dei testi del mattutino di Pasqua invita quasi personificandola la stessa domenica alla gioia di tutta la Chiesa: "In questo giorno con grande gioia noi diciamo: Vieni in pace giorno nuovo che hai annientato l'antica notte. Vieni in pace primogenito dei giorni. Vieni in pace, fiore della risurrezione, che riempi di gioia i tristi e porti soccorso ai deboli… Vieni in pace giorno nuovo senza tramonto. L'altro ieri il pastore è stato colpito e le pecore smarrite; oggi esse si radunano nella gioia e nell'esultanza. Oggi gli angeli si radunano presso la tomba, fanno rotolare la pietra e si siedono su. L'altro ieri sono stato crocifisso con Cristo, oggi sono con lui glorificato".

P. Manuel Nin
Pontificio Collegio Greco
(©L'Osservatore Romano - 4 aprile 2010)




Discese il Pastore di tutti
per cercare Adamo pecora smarrita

di Manuel Nin

I testi liturgici del grande Venerdì della crocefissione nella tradizione siro-occidentale introducono già il tema della discesa di Cristo negli inferi per riscattare Adamo e diventare così il ponte tra le tombe e il Regno. Come nelle altre tradizioni orientali, i testi mettono in bocca alla Madre di Dio pianto e gioia, lutto e speranza:  "Chi mi darà, Figlio mio, le ali dell'aquila, affinché io possa volare verso le quattro parti dell'universo per invitare tutte le nazioni alla celebrazione della tua crocifissione. Oggi, vedendo come sei messo nella tomba, Figlio mio, io piango e mi rallegro; piango per la Sinagoga espulsa e mi rallegro per la Chiesa riscattata". 

Un prete presenta la croce alla venerazione del vescovo o del celebrante, che l'incensa e la regge mentre clero e popolo la venerano:  "Adoriamo la tua croce, poiché essa ha adoperato la nostra salvezza; col buon ladrone diciamo:  Cristo, ricordati di noi quando verrai di nuovo". Dopo la venerazione si fa la grande esaltazione della croce:  il vescovo l'innalza e canta guardando verso oriente, verso occidente, verso settentrione e verso meridione:  "Tu che sei stato crocifisso per noi, abbi pietà di noi".
La croce viene poi lavata, unta e sepolta sotto l'altare, e il vescovo conclude:  "Benedetto Cristo, che è stato la chiave che ha aperto le porte dello sheol e per lui Adamo, che era stato espulso dal paradiso, vi è ritornato". Sant'Efrem associa il mattino di questo giorno con quello di Pasqua, dando a Cristo il titolo di mattino:  "Gloria a te, Cristo Mattino, che ci hai riscattati per mezzo del tuo mattino. Ecco al mattino finì la seduta del tribunale formato dai sacerdoti, autori del crimine. Al mattino ti flagellarono, pieni di gelosia; ti presero e ti consegnarono al giudice, ma tu come Signore, sei la fonte della vita per chiunque crede in te. Al mattino tu rivestisti Adamo di bellezza, di gloria, di splendore, e al mattino con delle vesti di disprezzo ti hanno rivestito. Al mattino uscì dall'Egitto il popolo, e al mattino gli fece caricare la croce sulle spalle e lo fece uscire verso la morte. A te la gloria da parte di tutte le cose belle:  Tu sei lo splendore di tutte le costellazioni! Tu sei colui che riveste di bellezza tutte le piante e tutti i fiori".

Nel Sabato Santo e a Pasqua, la liturgia si sofferma sulla discesa di Cristo negli inferi per riscattare Adamo e tutti gli uomini, e un testo mette in parallelo il venerdì e il sabato:  "Ieri, venerdì, le sofferenze, la condanna, la croce, e oggi, sabato, la calma e il riposo. Ieri gli scribi e i sacerdoti facevano beffa, oggi i morti nella polvere cantano la lode; ieri le rocce si spaccarono, oggi la tomba si apre nella gioia. Oggi lo sheol, come aprile, fa sentire i suoi canti di gioia e i morti sono come fiori che germogliano, oggi la morte si rattrista vedendo Adamo, prima incatenato, oggi libero".
Il mattutino del Sabato Santo canta diversi inni di Efrem, dove si sottolinea la redenzione operata da Cristo:  "Volò e discese quel Pastore di tutti:  cercò Adamo, pecora smarrita, sulle proprie spalle la portò e salì. Asperse rugiada e pioggia vivificante su Maria, terra assetata. Come un chicco di grano cadde poi nello sheol e salì come covone e pane nuovo. Dall'alto la potenza discese per noi, e dal ventre di Maria la Speranza rifulse per noi. Dal sepolcro la Vita risorse per noi".
Nel commento al Vangelo Efrem accosta i due nomi di Maria e Giuseppe nella nascita di Cristo e nella sua sepoltura:  "Eva, tipo di Maria, e Giuseppe dell'altro Giuseppe. Uno fu colui che chiese il corpo di Gesù, l'altro colui che fu giusto. Il Signore, affidato a Giuseppe alla sua nascita, fu dall'altro Giuseppe sepolto dopo la morte, affinché il nome di Giuseppe fosse onorato, perché come alla sua nascita nella grotta anche alla sua deposizione nel sepolcro lui era presente".
La liturgia di Pasqua contempla il giorno in cui Cristo vince la morte e lo invita, quasi personificandolo:  "In questo giorno con grande gioia noi diciamo:  Vieni in pace, giorno nuovo che hai annientato l'antica notte. Vieni in pace, primogenito dei giorni. Vieni in pace, fiore della risurrezione, che riempi di gioia i tristi e porti soccorso ai deboli. Vieni in pace, giorno nuovo senza tramonto. L'altro ieri il pastore è stato colpito e le pecore smarrite; oggi esse si radunano nella gioia e nell'esultanza. Oggi gli angeli si radunano presso la tomba, fanno rotolare la pietra e vi si siedono. L'altro ieri sono stato crocifisso con Cristo, oggi sono con lui glorificato".

P. Manuel Nin
Pontificio Collegio Greco

(©L'Osservatore Romano - 4 aprile 2010)