Dal Venerdì Santo alla
Domenica di Pasqua nella tradizione siro occidentale.
Discese il buon
Pastore per cercare
Adamo la pecora
smarrita.
La celebrazione del grande Venerdì
della crocefissione nella tradizione siro occidentale comprende le diverse ore
dell'ufficiatura ed in modo speciale la liturgia dell'adorazione e la
venerazione della croce che si celebra con la preghiera delle ore di sesta e
nona, e si conclude appunto con l'adorazione della croce. La celebrazione inizia
con la processione di ingresso in cui il vescovo o il sacerdote celebrante porta
sulle spalle una croce ed altri sacerdoti portano dei vasi con dell'incenso.
Dopo l'ora di nona, comincia l'adorazione della croce; questa viene tolta dal
Calvario dov'era stata collocata all'inizio, poggiata sull'altare e coperta da
un velo nero; si canta l'antifona: "Cristo, che per la tua morte hai dato
vita alla nostra morte, risuscita i nostri morti ed abbi pietà di noi". I
testi liturgici di questa celebrazione introducono già il tema della discesa di
Cristo negli inferi per riscattare Adamo e diventare così il ponte tra le tombe
ed il Regno affinché tutti possano arrivare al Padre. Inoltre i testi liturgici,
come nelle altre tradizioni orientali, mettono in bocca della Madre di Dio una
mescolanza di pianto e di gioia; essa è nel lutto e allo stesso tempo nella
speranza: "Chi mi darà, Figlio mio, le ali dell'aquila, affinché io possa
volare verso le quattro parti dell'universo per invitare tutte le nazioni alla
celebrazione della tua crocifissione... Oggi, vedendo come sei messo nella
tomba, Figlio mio, io piango e mi rallegro; piango per la Sinagoga espulsa e mi
rallegro per la Chiesa riscattata...". Le letture bibliche che vengono
fatte sono: Za 12,9; Salmo 77 e Salmo 94; Atti 26,8-23; Ga 2,17-3,7; Gv 19,25-30.
Dopo la lettura del vangelo, comincia l'adorazione della croce. Uno dei preti
prende la croce e la presenta alla venerazione del vescovo o del sacerdote
celebrante; costui l'incensa, la prende e la regge mentre il clero ed il popolo
la venerano; si tratta di una celebrazione di cui ci dà testimonianza già
Egeria nel IV secolo a Gerusalemme. Nel frattempo si canta: "Adoriamo la
tua croce, poiché essa ha adoperato la nostra salvezza; col buon ladrone
diciamo: Cristo, ricordati di noi quando verrai di nuovo". Dopo la
venerazione si fa la grande esaltazione della croce: il vescovo la prende, la
innalza e canta guardando verso oriente: "Colui a chi servono gli angeli.
Santo Dio. Colui a chi benedicono i cherubini. Santo Forte. Colui a chi
santificano i serafini. Santo Inmortale. Noi ti invochiamo e diciamo: che sei
stato crocifisso per noi, abbi pietà di noi". L'invocazione si ripete
verso occidente: "Colui a chi magnificano gli esseri celesti. Santo Dio.
Colui a chi gli intercessori lodano. Santo Forte. Colui a chi gli esseri della
terra innalzano la lode. Santo Inmortale, che sei stato crocifisso per noi,
abbi pietà di noi ". Verso nord: "Colui a chi esaltano gli esseri
spirituali. Santo Dio. Colui a chi glorificano gli esseri di fuoco. Santo
Forte. Colui a chi adorano gli esseri della terra. Santo Inmortale, che sei
stato crocifisso per noi, abbi pietà di noi ". E alla fine verso sud dove
il vescovo conclude: "Signore, abbi pietà di noi. Signore perdona ed abbi
pietà di noi. Signore riceve il nostro servizio e le nostre preghiere ed abbi
pietà di noi. Gloria a te, o Dio; gloria a te, il Creatore; gloria a te, Re,
Cristo". Siamo di fronte ad una celebrazione che manifesta chiaramente la
cristologia della tradizione liturgica siro occidentale, con il canto del
Trisagio in una chiave prettamente cristologica messa in luce dal versetto:
"che sei stato crocifisso per noi, abbi pietà di noi ". Poi la croce
viene lavata, unta e sepolta sotto l'altare. Quando è stata sepolta il vescovo
conclude con questa preghiera: "Benedetto Cristo, che è stato la chiave
che ha aperto le porte dello sceol e per lui Adamo, che era stato espulso dal
paradiso, vi è ritornato. Gloria a te che risusciti i morti dalle tombe e
rivesti loro con le vesti di gloria nel tuo Regno...". Sant'Efrem,
in uno degli inni cantati nel Venerdì associa già il mattino di questo giorno
con il mattino di Pasqua, dando addirittura a Cristo stesso il titolo di
mattino: "Gloria a te, Cristo-Mattino, che ci hai riscattati per mezzo del
tuo mattino. Ecco al mattino finì la seduta del tribunale formato dai
sacerdoti, autori del crimine. Al mattino ti flagellarono, pieni di gelosia; ti
presero e ti consegnarono al giudice…, ma tu come Signore, sei la fonte della
vita per qualsiasi che crede in te.. Al mattino tu rivestisti Adamo di
bellezza, di gloria, di splendore, ed al mattino con delle vesti di disprezzo ti
hanno rivestito…. Al mattino uscì dall'Egitto il popolo… ed al mattino gli
fecce caricare la croce sulle spalle e lo fecce uscire verso la morte.. A te la
gloria da parte di tutte le cose belle: Tu sei lo splendore di tutte le
costellazioni! Tu sei colui che riveste di bellezza tutte le piante e tutti i
fiori. A te la gloria che sei il vincastro e il sostegno di tutti coloro che ne
hanno bisogno!". Il ruolo di Giuseppe nella deposizione di Cristo dalla
croce viene cantato alla fine della liturgia del venerdì con un testo di Efrem:
"Beato sei tu che hai lo stesso nome di Giuseppe il giusto, poiché
avvolgesti e seppellisti il Vivente defunto; chiudesti gli occhi del Vigilante
addormentato che si addormentò e spogliò lo sceol. Guai alla morte! Sprofondò
la sua vigilanza quel Vigilante che si addormentò per saccheggiarla. Chi ci
aveva spogliati fu spogliato, chi ci aveva imprigionati fu imprigionato. Venite
esultiamo e facciamoci beffe di lei!".
Per quanto riguarda il Sabato Santo
e la domenica di Pasqua, la liturgia siro occidentale ed i Padri di questa
tradizione cristiana si soffermano nella discesa di Cristo negli inferi per
riscattare Adamo e tutti gli uomini. Seguendo il genere letterario del dialogo
e del confronto, un testo del mattutino del sabato mette in parallelo quanto
accaduto il venerdì ed il sabato: "…ieri, venerdì, le sofferenze, la
condanna, la croce, ed oggi, sabato, la calma ed il riposo. Ieri gli scribi ed
i sacerdoti facevano beffa, oggi i morti nella polvere cantano la lode; ieri le
rocce si spaccarono, oggi la tomba si apre nella gioia… Oggi lo sceol, come
aprile, fa sentire i suoi canti di gioia ed i morti sono come fiori che
germogliano… oggi la morte si rattrista vedendo Adamo, prima incatenato, oggi
libero…". Il mattutino del Sabato Santo canta diversi inni di Efrem, in
cui il poeta siriaco col suo linguaggio poetico e teologico canta la redenzione
adoperata da Cristo: "Volò e discese quel Pastore di tutti: cercò Adamo,
pecora smarrita, sulle proprie spalle la portò e salì… Asperse rugiada e
pioggia vivificante su Maria, terra assetata. Come un chicco di grano cadde poi
nello sceol e salì come covone e pane nuovo… Dall'alto la potenza discese per
noi, e dal ventre di Maria la Speranza rifulse per noi. Dal sepolcro la Vita
risorse per noi…". Ancora nel suo commento al Vangelo, sant'Efrem accosta
simbolicamente i due nomi di Maria e Giuseppe nella nascita di Cristo nella
grotta e nella sua sepoltura: "Eva i tipo di Maria, e Giuseppe dell'altro
Giuseppe. Uno fu colui che chiese il corpo di Gesù, l'altro colui che fu giusto…
Il Signore, affidato a Giuseppe alla sua nascita, fu dall'altro Giuseppe
sepolto dopo la morte, affinché il nome di Giuseppe fosse onorato, perché come
alla sua nascita alla grotta anche alla sua deposizione nel sepolcro lui era
presente". La liturgia della domenica di Pasqua si trattiene ancora nella
contemplazione del giorno in cui Cristo vince la morte; uno dei testi del mattutino
di Pasqua invita quasi personificandola la stessa domenica alla gioia di tutta
la Chiesa: "In questo giorno con grande gioia noi diciamo: Vieni in pace
giorno nuovo che hai annientato l'antica notte. Vieni in pace primogenito dei
giorni. Vieni in pace, fiore della risurrezione, che riempi di gioia i tristi e
porti soccorso ai deboli… Vieni in pace giorno nuovo senza tramonto. L'altro
ieri il pastore è stato colpito e le pecore smarrite; oggi esse si radunano
nella gioia e nell'esultanza. Oggi gli angeli si radunano presso la tomba,
fanno rotolare la pietra e si siedono su. L'altro ieri sono stato crocifisso
con Cristo, oggi sono con lui glorificato".
P.
Manuel Nin
Pontificio
Collegio Greco
(©L'Osservatore Romano - 4 aprile 2010)
Discese il Pastore
di tutti
per cercare
Adamo pecora smarrita
di Manuel Nin
I testi liturgici del grande Venerdì della
crocefissione nella tradizione siro-occidentale introducono già il tema della
discesa di Cristo negli inferi per riscattare Adamo e diventare così il ponte
tra le tombe e il Regno. Come nelle altre tradizioni orientali, i testi mettono
in bocca alla Madre di Dio pianto e gioia, lutto e speranza: "Chi mi
darà, Figlio mio, le ali dell'aquila, affinché io possa volare verso le quattro
parti dell'universo per invitare tutte le nazioni alla celebrazione della tua crocifissione. Oggi, vedendo come
sei messo nella tomba, Figlio mio, io piango e mi rallegro; piango per la
Sinagoga espulsa e mi rallegro per la Chiesa riscattata".
Un prete presenta la croce alla venerazione del vescovo o del celebrante, che l'incensa e la regge mentre clero e popolo la venerano: "Adoriamo la tua croce, poiché essa ha adoperato la nostra salvezza; col buon ladrone diciamo: Cristo, ricordati di noi quando verrai di nuovo". Dopo la venerazione si fa la grande esaltazione della croce: il vescovo l'innalza e canta guardando verso oriente, verso occidente, verso settentrione e verso meridione: "Tu che sei stato crocifisso per noi, abbi pietà di noi".
La croce viene poi lavata, unta e sepolta sotto l'altare, e il vescovo conclude: "Benedetto Cristo, che è stato la chiave che ha aperto le porte dello sheol e per lui Adamo, che era stato espulso dal paradiso, vi è ritornato". Sant'Efrem associa il mattino di questo giorno con quello di Pasqua, dando a Cristo il titolo di mattino: "Gloria a te, Cristo Mattino, che ci hai riscattati per mezzo del tuo mattino. Ecco al mattino finì la seduta del tribunale formato dai sacerdoti, autori del crimine. Al mattino ti flagellarono, pieni di gelosia; ti presero e ti consegnarono al giudice, ma tu come Signore, sei la fonte della vita per chiunque crede in te. Al mattino tu rivestisti Adamo di bellezza, di gloria, di splendore, e al mattino con delle vesti di disprezzo ti hanno rivestito. Al mattino uscì dall'Egitto il popolo, e al mattino gli fece caricare la croce sulle spalle e lo fece uscire verso la morte. A te la gloria da parte di tutte le cose belle: Tu sei lo splendore di tutte le costellazioni! Tu sei colui che riveste di bellezza tutte le piante e tutti i fiori".
Nel Sabato Santo e a Pasqua, la liturgia si sofferma sulla discesa di Cristo negli inferi per riscattare Adamo e tutti gli uomini, e un testo mette in parallelo il venerdì e il sabato: "Ieri, venerdì, le sofferenze, la condanna, la croce, e oggi, sabato, la calma e il riposo. Ieri gli scribi e i sacerdoti facevano beffa, oggi i morti nella polvere cantano la lode; ieri le rocce si spaccarono, oggi la tomba si apre nella gioia. Oggi lo sheol, come aprile, fa sentire i suoi canti di gioia e i morti sono come fiori che germogliano, oggi la morte si rattrista vedendo Adamo, prima incatenato, oggi libero".
Il mattutino del Sabato Santo canta diversi inni di Efrem, dove si sottolinea la redenzione operata da Cristo: "Volò e discese quel Pastore di tutti: cercò Adamo, pecora smarrita, sulle proprie spalle la portò e salì. Asperse rugiada e pioggia vivificante su Maria, terra assetata. Come un chicco di grano cadde poi nello sheol e salì come covone e pane nuovo. Dall'alto la potenza discese per noi, e dal ventre di Maria la Speranza rifulse per noi. Dal sepolcro la Vita risorse per noi".
Nel commento al Vangelo Efrem accosta i due nomi di Maria e Giuseppe nella nascita di Cristo e nella sua sepoltura: "Eva, tipo di Maria, e Giuseppe dell'altro Giuseppe. Uno fu colui che chiese il corpo di Gesù, l'altro colui che fu giusto. Il Signore, affidato a Giuseppe alla sua nascita, fu dall'altro Giuseppe sepolto dopo la morte, affinché il nome di Giuseppe fosse onorato, perché come alla sua nascita nella grotta anche alla sua deposizione nel sepolcro lui era presente".
La liturgia di Pasqua contempla il giorno in cui Cristo vince la morte e lo invita, quasi personificandolo: "In questo giorno con grande gioia noi diciamo: Vieni in pace, giorno nuovo che hai annientato l'antica notte. Vieni in pace, primogenito dei giorni. Vieni in pace, fiore della risurrezione, che riempi di gioia i tristi e porti soccorso ai deboli. Vieni in pace, giorno nuovo senza tramonto. L'altro ieri il pastore è stato colpito e le pecore smarrite; oggi esse si radunano nella gioia e nell'esultanza. Oggi gli angeli si radunano presso la tomba, fanno rotolare la pietra e vi si siedono. L'altro ieri sono stato crocifisso con Cristo, oggi sono con lui glorificato".
P.
Manuel Nin
Pontificio
Collegio Greco
(©L'Osservatore Romano - 4 aprile 2010)