La festa
dell'Incontro del Signore nell'innografia e l’iconografia bizantina.
Oggi l’Antico
dei giorni diventa Bambino…
Le Chiese orientali celebrano la
festa del 2 febbraio come una delle dodici grandi feste dell'anno liturgico.
Testimoniata già da Egeria nella seconda metà del IV secolo. Nel V-VI secc. la
festa si celebra già ad Alessandria, ad Antiochia ed entra a Costantinopoli nel
542. Alla fine del VII secolo viene introdotta a Roma da un papa di origini
orientali Sergio I (687-701), che vi introdurrà anche le feste della Natività
di Maria (8 settembre), dell’Annunciazione (25 marzo) e della Dormizione della
Madre di Dio (15 agosto). Si tratta di una festa i cui testi liturgici
sottolineano l'incontro tra l'umanità -rappresentata dai vegliardi Simeone ed
Anna-, e la divinità –lo stesso Cristo Signore. L’iconografia della festa è
abbastanza sobria e con poche varianti nelle diverse tradizioni cristiane in
cui è rappresentata, dai mosaici romani di Santa Maria in Trastevere,
all’iconografia balcanica, alle icone greche e slave. Sostanzialmente l’icona
riprende il passo evangelico di Luca 2, con i cinque personaggi della
narrazione: Cristo, Maria e Simeone come figure centrali; Giuseppe e Anna come
figure in secondo piano. In un posto rilevante dell'icona vediamo l’altare del
tempio vestito con le tovaglie e sormontato da un ciborio e spesso anche attorniato
da un cancello, che fa del tempio dell'’antica alleanza il tempio cristiano e
quindi la presentazione di Gesù al tempio nel quarantesimo giorno della sua
nascita diventa la festa dell'Incontro dell'antica, invecchiata umanità con
l’uomo nuovo nell’umanità di Cristo. Ancora a livello iconografico, in alcune
delle rappresentazioni è Maria che porta il bimbo nelle sue braccia, mentre in
altre icone è Simeone che lo sorregge. L’iconografia di Simeone ricevendo o
sorreggendo il Bambino ci porta anche al momento del Grande Ingresso nella
Divina Liturgia bizantina, in cui il vescovo, alla porta del santuario riceve
dal sacerdote i doni preparati del pane e del vino per deporli sull’altare. I
tropari dell'ufficiatura della festa nella tradizione bizantina appartengono ai
grandi innografi bizantini: Giovanni Damasceno, Germano di Costantinopoli,
Cosma di Maiuoma, Andrea di Creta; essi cantano soprattutto le tre figure
centrali della rappresentazione iconografica e della festa stessa.
In diversi dei tropari Simeone, come
il vescovo nella Chiesa, accogliendo Cristo diventa anche colui che professa la
fede della Chiesa: “Ora sono stato liberato, perché ho visto il mio Salvatore.
Questi è colui che è stato partorito dalla Vergine: è il Verbo, Dio da Dio,
colui che per noi si è incarnato e ha salvato l’uomo… Si apra oggi la porta
del cielo, il Verbo eterno del Padre, assunto un principio temporale, senza
uscire dalla sua divinità, è presentato per suo volere al tempio della Legge
da Vergine Madre… e il vegliardo lo prende tra le braccia, gridando come servo
al Sovrano: Lascia che me ne vada, perché i miei occhi hanno visto la tua
salvezza. Tu che sei venuto nel mondo per salvare il genere umano”. La
professione di fede dei quattro primi concili ecumenici viene messa nella bocca
di Simeone; anche nella tradizione bizantina al momento della presentazione del
candidato all’ordinazione episcopale, costui professa la sua fede davanti alla
Chiesa che lo accoglie come vescovo con tre professioni di fede legate al
quattro primi concili ecumenici. Simeone stesso in uno dei tropari diventa tipo
di Cristo nella sua discesa agli inferi per salvare, liberare Adamo: “Ora
lascia che io me ne vada, o Sovrano, per annunciare ad Adamo che ho visto il
Dio che è prima dei secoli senza mutamento fatto bambino…”.
Diversi dei tropari sottolineano
come il Bambino presentato al tempio è anche Colui che aveva parlato
nell’Antico Testamento; in qualche modo la liturgia mette in rilievo che Colui
che dava la legge, adesso la ubbidisce anche: “Accogli, Simeone, colui che Mosè
vide in precedenza, nella caligine, quando gli dava la Legge sul Sinai, e che
ora, divenuto bambino, si assoggetta alla Legge… Questi è colui che Davide
annuncia; questi è colui che ha parlato nei profeti, colui che si è incarnato
per noi e che parla nella Legge…”. L’incontro tra l’umanità invecchiata
simboleggiata da Simeone ed Anna e la nuova umanità in Cristo, fa riprendere in
parecchi dei tropari il testo di Daniel 7,9 in cui si parla del vegliardo, dell'Antico
dei giorni, un versetto che i Padri e la liturgia stessa hanno letto sempre in
chiave cristologica: “L’Antico di giorni, divenuto bambino nella carne, è portato
al santuario dalla Madre Vergine… È bambino per me l’Antico di giorni; il Dio
purissimo si sottopone alle purificazioni, per confermare che è realmente la
mia carne quella che dalla Vergine ha assunto. Simeone, iniziato ai misteri,
riconosce Dio stesso, apparso nella carne…”. Colui che la visione del profeta
vede come un vegliardo “Antico dei giorni” adesso appare “Bambino nuovo” come
lo canta la liturgia del Natale a due vegliardi nel tempio.
Maria la Madre di Dio viene sempre
presentata nei testi liturgici come colei che regge, che porta Cristo. Tre sono
i tropari nella seconda parte del vespro bizantino che si trattengono nella
figura di Maria. Il primo di questi tre è anche entrato nell’ufficiatura romana
della festa odierna come antifona “Adorna thalamum tuum Sion”; sono
diversi i titoli cristologici dati in questo testo alla Madre di Dio: celeste
porta, trono, nube di luce: “Adorna il tuo talamo, o Sion, e accogli il Re
Cristo; abbraccia Maria, la celeste porta, perché essa è divenuta trono di cherubini,
essa porta il Re della gloria; è nube di luce la Vergine perché reca in sé,
nella carne, il Figlio che è prima della stella del mattino…”. Sempre
nell’ufficiatura del vespro troviamo un lungo tropario di Andrea di Creta in
cui le braccia portanti del Cristo non sono già quelli di Maria bensì quelli
del vegliardo Simeone; ambedue pero, Maria e Simeone, sono sempre tipo della
Chiesa che sorregge, porta Cristo agli uomini. Questo tropario introduce, si
potrebbe dire in modo discreto, la figura di Giuseppe, discreta anche nella
stessa iconografia. Riportiamo il testo intero del tropario: “Colui che è
portato dai cherubini e celebrato dai serafini, presentato oggi nel sacro
tempio secondo la Legge, ha per trono le braccia di un vegliardo; per mano di
Giuseppe riceve doni degni di Dio: sotto forma di una coppia di tortore, ecco
la Chiesa incontaminata e il nuovo popolo eletto delle genti, insieme a due
piccoli di colomba per significare che egli è principe dell’antico e del
nuovo patto. Simeone, accogliendo il compimento dell’oracolo che aveva
ricevuto, benedice la Vergine Madre-di-Dio Maria, simbolicamente predicendole
la passione di colui che da lei era nato, e a lui chiede di essere sciolto
dalla vita, gridando: Ora lascia che me ne vada, o Sovrano, come mi avevi
predetto, perché io ho visto te, luce sempiterna, e Signore Salvatore del
popolo che da Cristo prende nome”.
Discreta la figura di Giuseppe sia
nell’iconografia che nell’innologia –è presente in un unico tropario-; discreta
anche quella della profetessa Anna, presente soltanto in un tropario del giorno
3 febbraio, quando la liturgia celebra i due vegliardi: “Anna divinamente
ispirata e il felicissimo Simeone, risplendenti per la profezia, divenuti
irreprensibili nella Legge, vedendo il datore della Legge apparso bambino come
noi, lo hanno ora adorato: con grande gioia celebriamo dunque oggi la loro
memoria…”.
P. Manuel Nin
Pontificio
Collegio Greco
Roma
La festa
dell’Incontro del Signore nella tradizione bizantina
Oggi l’Antico
di giorni
diventa bambino
diventa bambino
Nelle
Chiese orientali la festa del 2 febbraio è una delle dodici grandi feste
dell’anno liturgico. Testimoniata già nella seconda metà del iv secolo,
sottolinea l’incontro tra l’umanità, rappresentata dai vegliardi Simeone e
Anna, e la divinità, lo stesso Cristo Signore.
L’iconografia
ha poche varianti, dai mosaici romani di Santa Maria in Trastevere ai Balcani,
con Cristo, Maria e Simeone come figure centrali, Giuseppe e Anna in secondo
piano. L’altare con tovaglie e ciborio trasforma il tempio dell’antica alleanza
in edificio di culto cristiano. Così la presentazione di Gesù quaranta giorni
dopo la nascita diventa la festa dell’Incontro dell’umanità invecchiata
con l’uomo nuovo, Cristo. In alcune icone Maria porta il bimbo nelle sue
braccia, in altre è Simeone a sorreggerlo, ricordando il Grande ingresso nella
Divina liturgia bizantina, quando il vescovo riceve i doni preparati del pane e
del vino per deporli sull’altare.
Simeone,
come il vescovo, accogliendo Cristo diventa colui che professa la fede della
Chiesa: «Ora sono stato liberato, perché ho visto il mio Salvatore. Questi è
colui che è stato partorito dalla Vergine: è il Verbo, Dio da Dio, colui che
per noi si è incarnato e ha salvato l’uomo. Si apra oggi la porta del cielo: il
Verbo eterno del Padre, assunto un principio temporale, senza uscire dalla sua
divinità, è presentato per suo volere al tempio della Legge dalla Vergine Madre
e il vegliardo lo prende tra le braccia».
La
professione di fede dei quattro primi concili ecumenici viene messa in bocca a
Simeone; anche al momento della presentazione del candidato all’ordinazione
episcopale, costui pronuncia tre professioni di fede legate ai quattro concili.
Simeone stesso in un testo diventa figura di Cristo nella sua discesa agli
inferi: «Ora lascia che io me ne vada, o Sovrano, per annunciare ad Adamo che
ho visto il Dio che è prima dei secoli senza mutamento fatto bambino».
Diversi
tropari sottolineano come il bambino presentato al tempio è anche colui che
aveva parlato nell’Antico Testamento: «Accogli, Simeone, colui che Mosè vide in
precedenza, nella caligine, quando gli dava la Legge sul Sinai, e che ora,
divenuto bambino, si assoggetta alla Legge. Questi è colui che Davide annuncia;
questi è colui che ha parlato nei profeti, colui che si è incarnato per noi e
che parla nella Legge».
L’incontro
tra l’umanità invecchiata simboleggiata da Simeone e Anna e la nuova umanità in
Cristo, fa riprendere un versetto del profeta Daniele (7, 9) in chiave
cristologica: «L’Antico di giorni, divenuto bambino nella carne, è portato al
santuario dalla Madre Vergine. È bambino per me l’Antico di giorni; il Dio
purissimo si sottopone alle purificazioni, per confermare che è realmente la
mia carne quella che dalla Vergine ha assunto. Simeone, iniziato ai misteri,
riconosce Dio stesso, apparso nella carne». Colui che la visione del profeta
vede come un vegliardo «antico di giorni» adesso appare «bambino nuovo», come
lo canta la liturgia del Natale.
Maria,
la Madre di Dio, viene presentata nei testi liturgici come colei che porta
Cristo. Uno di questi (Adorna
thalamum tuum Sion) è entrato nell’ufficiatura romana: «Adorna il
tuo talamo, o Sion, e accogli il re Cristo; abbraccia Maria, la celeste porta,
perché essa è divenuta trono di cherubini, essa porta il re della gloria; è
nube di luce la Vergine perché reca in sé, nella carne, il Figlio che è prima
della stella del mattino».
In un
lungo tropario di Andrea di Creta le braccia che portano il Cristo non sono di
Maria ma del vegliardo Simeone, entrambi sono figura della Chiesa che porta
Cristo agli uomini, introducendo in modo discreto la figura di Giuseppe, in
secondo piano anche nell’iconografia: «Colui che è portato dai cherubini e
celebrato dai serafini, presentato oggi nel sacro tempio secondo la Legge, ha
per trono le braccia di un vegliardo; per mano di Giuseppe riceve doni degni di
Dio: sotto forma di una coppia di tortore, ecco la Chiesa incontaminata e il
nuovo popolo eletto delle genti, insieme a due piccoli di colomba per significare
che egli è principe dell’antico e del nuovo patto. Simeone, accogliendo il
compimento dell’oracolo che aveva ricevuto, benedice la Vergine Madre di Dio
Maria, simbolicamente predicendole la passione di colui che da lei era nato, e
a lui chiede di essere sciolto dalla vita, gridando: Ora lascia che me ne vada,
o sovrano, come mi avevi predetto, perché io ho visto te, luce sempiterna, e
Signore salvatore del popolo che da Cristo prende nome».
Manuel Nin
L’osservatoreromano
2 febbraio 2012