miércoles, 20 de marzo de 2013


Tradizione liturgica etiopica.
Bibliografia.
Abiy Add’i M., Il culto mariano nella Chiesa Etiopica, in Marianum 19 (1957) 254-265; Barsotti, D., Etiopia Cristiana, Milano 1939; Chaine, M., La chronologie des temps chrétiens de l’Egypte et de l’Ethiopie, Paris 1925 ; Daoud, M., The Liturgy of the Ethiopian Church, Addis Abeba 1954; Gharib, G., Testi Mariani del Primo Millennio, 4. Padri ed altri autori orientali, Roma 1991, pp. 833-1010; Hänggi, A.-Pahl, I., Prex Eucharistica. Textus e variis liturgiis antiquioribus selecti. Éditions Universitaires, Fribourg 1968, pp. 142-203; Nollet, G., Le culte marial en Ethiopie, in Maria 1 (1949) 363-416; Raineri, O., Etiopia, in Dizzionario Patristico e di Antichità Cristiane I, 1251-1261 ; Salaville, S., Le feste della Madonna in Etiopia, in Studia Orientalia Liturgica Teologica, Roma 1940, pp. 186-193.

Gli inizi del cristianesimo nell'Etiopia sono molto oscuri, benché ci sono in Etiopia cristiani certamente già nel IV sec., e il cristianesimo vi sembra arrivato per mezzo di missionari copti e siriaci. La Chiesa etiopica è stata sempre posta sotto la giurisdi­zione del patriarca di Alessandria fino al 1951 in cui ci fu il primo arcivescovo etiopico e nel 1959 il primo patriarca. I documenti liturgici del primo millennio non si sono conservati poiché furono distrutti dal re Amda-Sion (1314-1344) e dalle diverse invasioni islamiche. La lingua liturgica è il Ge'ez, e la liturgia non è semplicemen­te una riproduzione di quella copta, ma ha tanti influssi sia giudei sia siriaci.
La letteratura etiopica, prettamente cristiana, si sviluppa a partire dal V secolo all’inizio come letteratura di traduzione –testi biblici e patristici- e quindi come letteratura originale. Il periodo più fiorente per questa letteratura saranno i secoli XV-XVI, in cui la Chiesa etiopica sviluppa una letteratura teologica vera e propria. Malgrado le somiglianze e dipendenze dalla liturgia copta, quella etiopica ha degli aspetti veramente originali, sia nello svolgimento della liturgia sia nei testi dell’ufficiatura. I frequenti pellegrinaggi dei monaci etiopici a Gerusalemme portarono anche degli influssi liturgici provenienti dalla Città Santa, e dalle altre liturgie cristiane orientali.

La Madre di Dio nell’anno liturgico etiopico.
L’anno liturgico etiopico è molto simile a quello copto, diviso in due cicli, quello annuale attorno alla festa di Pasqua, e quello del calendario delle feste legato al santorale. La presenza della Madre di Dio sia nel calendario sia nella vita della Chiesa e del popolo etiopico è molto notevole; la tradizione che primo re nella dinastia regnante in Etiopia Menelik I sarebbe figlio del re Salomone e della regina di Saba, ne fa un antenato di Maria nella linea della discendenza davidica. Importante anche nella tradizione etiopica è il “Patto di Misericordia” stabilito tra Gesù e sua Madre per cui il Signore le avrebbe promesso di liberare dalle prove coloro che la invocassero e ne celebrassero la memoria; questo patto nella tradizione etiopica ha quasi un valore di testamento nell’economia divina di salvezza.
La letteratura etiopica sulla Madre di Dio nasce e si sviluppa soprattutto in campo liturgico, sia in testi originali sia in traduzioni dal greco, dal siriaco, dal copto e dall’arabo. Una notevole letteratura apocrifa scritta in etiopico contiene diversi aspetti mariani. L’esegesi liturgica etiopica privilegia inoltre una lettura mariologica del Cantico dei Cantici.
Le feste mariane dell’anno liturgico sono quelle della tradizione copta con delle aggiunte proprie della tradizione etiopica. Troviamo delle feste liturgiche legate alla vita della Madre di Dio: Natività (26 aprile), Dormizione (16 gennaio), Assunzione (22 agosto). Feste legate a miracoli adoperati dalla Madre di Dio; feste ancora legate a titolo mariani: Monte Sion (19 novembre), Patto di Misericordia (10 febbraio); feste legate a dedicazioni di chiese e santuari mariani; quindi le diverse commemorazioni mensili della Madre di Dio: Natività (primo giorno di ogni mese), Presentazione (terzo giorno di ogni mese), Patto di Misericordia (sedicesimo giorno di ogni mese).

La Madre di Dio nelle anafore etiopiche.
La liturgia eucaristica etiopica è divisa in tre parti: riti di preparazione, liturgia dei catecumeni e liturgia dei fedeli. La Madre di Dio occupa un luogo importante nella celebrazione liturgica, sia nelle due prime parti, sia anche nelle anafore. La Chiesa Etiopica ha quattordici anafore, di cui due della Madre di Dio, fatto che non troviamo nelle altre liturgie orientali o occidentali. La prima di queste due anafore porta il nome di “Anafora di Maria Vergine, Figlia di Dio”, ed è attribuita a Ciriaco di Bahnasa; la tradizione manoscritta di questa anafora rissale al XIV secolo. La seconda anafora mariana è un testo anch’esso rissalente al XIV secolo, attribuito ad un certo monaco Giorgio, e porta come titolo “Anafora di Nostra Signora, Profumo di Santità”. Sono anafore che vanno lette in un contesto chiaramente cristologico, nell’insieme della storia della salvezza, dall’Antico al Nuovo Testamento.
L’Anafora di Maria Vergine, Figlia di Dio è una lunga lode e confessione del disegno di Dio di salvare l’uomo per mezzo di Gesù Cristo attraverso la mediazione umana di Maria. Essa è l’avvocato che intercede presso suo Figlio per tutta la Chiesa. Le stesse invocazioni del Trisaghion vengono fatte in un contesto mariologico: Santo Dio Padre, che di te si dilettò, Santo il Figlio, che abitò nel tuo seno, Santo il Paraclito, che ti santificò e ti purificò. Il lungo prefazio prima del Santo è un’enumerazione del rapporto di Maria con suo Figlio, con i santi dell’Antico e del Nuovo Testamento, con la Chiesa. Troviamo delle immagini molto grafiche per indicare il suo ruolo nell’incarnazione del Verbo di Dio: Tu sei un’officina tessile, perché l’Emmanuele indossò da te la veste ineffabile della carne; dalla carne nata da Adamo egli fece l’ordito, mentre la tua carne ne fu la trama e la spoletta lo stesso Verbo… tessitore lo Spirito Santo. Queste immagini sottolineano fortemente una cristologia di stampo chiaramente alessandrino. Tutti i personaggi dell’Antico Testamento vengono evocati in rapporto a Maria: Tu sei la scala dalla terra al cielo… speranza di Adamo, pietà di Abele… arca di Noè… peregrinazione di Abramo… scala di Giacobbe, consolazione di Giuseppe… concezione verginale di Isaia…. La vita terrena viene anche evocata nel prefazio, a partire dai fatti narrati dagli apocrifi: concepita nella santità, dalle legittime e pure nozze di Gioacchino ed Anna, cresciuta ed allevata nel Tempio, data in sposa a Giuseppe, tempio dove si incarna il Verbo di Dio. Dopo il Santo l’anafora ripropone il Trisaghion con una lettura questa volta chiaramente cristologica, con i versetti aggiunti tipicamente anticalcedioniani: Santo Dio, santo forte, santo immortale, nato da Maria Vergine… battezzato nel Giordano… vivente ed immortale… abbi pietà di noi. Il soggetto dell’anafora passa al Figlio lungo la narrazione dell’istituzione, l’epiclesi e l’anamnesi.
La seconda delle anafore mariane, “Nostra Signora, Profumo di Santità”, è molto simile alla precedente; nel pure lungo prefazio è interessante di notare il collegamento di Maria con i santi dell’Antico Testamento e inoltre con ognuno degli apostoli: O Maria, chiavi di Pietro, tabernacolo del testamento di Paolo, maestra della visione di Giovanni, nave di salvezza di Andrea, forza di Giacomo… sorella degli angeli, figlia dei profeti, grazia degli apostoli.

P. Manuel Nin osb
Roma