Tradizione
liturgica etiopica.
Bibliografia.
Abiy Add’i M., Il culto mariano nella
Chiesa Etiopica, in Marianum 19 (1957) 254-265; Barsotti, D., Etiopia Cristiana,
Milano 1939; Chaine, M., La
chronologie des temps chrétiens de l’Egypte et de l’Ethiopie, Paris
1925 ; Daoud, M., The
Liturgy of the Ethiopian Church, Addis Abeba 1954; Gharib, G., Testi Mariani del Primo Millennio, 4. Padri
ed altri autori orientali, Roma 1991, pp. 833-1010; Hänggi, A.-Pahl, I., Prex Eucharistica. Textus e variis
liturgiis antiquioribus selecti. Éditions Universitaires, Fribourg 1968,
pp. 142-203; Nollet, G., Le
culte marial en Ethiopie, in Maria 1 (1949) 363-416; Raineri, O., Etiopia, in
Dizzionario Patristico e di Antichità Cristiane I, 1251-1261 ; Salaville, S., Le feste della Madonna
in Etiopia, in Studia Orientalia Liturgica Teologica, Roma 1940, pp.
186-193.
Gli inizi del cristianesimo nell'Etiopia
sono molto oscuri, benché ci sono in Etiopia cristiani certamente già nel IV
sec., e il cristianesimo vi sembra arrivato per mezzo di missionari copti e
siriaci. La Chiesa etiopica è stata sempre posta sotto la giurisdizione del
patriarca di Alessandria fino al 1951 in cui ci fu il primo arcivescovo etiopico
e nel 1959 il primo patriarca. I documenti liturgici del primo millennio non si
sono conservati poiché furono distrutti dal re Amda-Sion (1314-1344) e dalle
diverse invasioni islamiche. La lingua liturgica è il Ge'ez, e la liturgia non
è semplicemente una riproduzione di quella copta, ma ha tanti influssi sia
giudei sia siriaci.
La letteratura etiopica, prettamente
cristiana, si sviluppa a partire dal V secolo all’inizio come letteratura di
traduzione –testi biblici e patristici- e quindi come letteratura originale. Il
periodo più fiorente per questa letteratura saranno i secoli XV-XVI, in cui la
Chiesa etiopica sviluppa una letteratura teologica vera e propria. Malgrado le
somiglianze e dipendenze dalla liturgia copta, quella etiopica ha degli aspetti
veramente originali, sia nello svolgimento della liturgia sia nei testi
dell’ufficiatura. I frequenti pellegrinaggi dei monaci etiopici a Gerusalemme
portarono anche degli influssi liturgici provenienti dalla Città Santa, e dalle
altre liturgie cristiane orientali.
La
Madre di Dio nell’anno liturgico etiopico.
L’anno liturgico etiopico è molto simile
a quello copto, diviso in due cicli, quello annuale attorno alla festa di
Pasqua, e quello del calendario delle feste legato al santorale. La presenza
della Madre di Dio sia nel calendario sia nella vita della Chiesa e del popolo
etiopico è molto notevole; la tradizione che primo re nella dinastia regnante
in Etiopia Menelik I sarebbe figlio del re Salomone e della regina di Saba, ne
fa un antenato di Maria nella linea della discendenza davidica. Importante
anche nella tradizione etiopica è il “Patto di Misericordia” stabilito tra Gesù
e sua Madre per cui il Signore le avrebbe promesso di liberare dalle prove
coloro che la invocassero e ne celebrassero la memoria; questo patto nella
tradizione etiopica ha quasi un valore di testamento nell’economia divina di
salvezza.
La letteratura etiopica sulla Madre di
Dio nasce e si sviluppa soprattutto in campo liturgico, sia in testi originali
sia in traduzioni dal greco, dal siriaco, dal copto e dall’arabo. Una notevole
letteratura apocrifa scritta in etiopico contiene diversi aspetti mariani. L’esegesi
liturgica etiopica privilegia inoltre una lettura mariologica del Cantico dei
Cantici.
Le feste mariane dell’anno liturgico sono
quelle della tradizione copta con delle aggiunte proprie della tradizione
etiopica. Troviamo delle feste liturgiche legate alla vita della Madre di Dio:
Natività (26 aprile), Dormizione (16 gennaio), Assunzione (22 agosto). Feste
legate a miracoli adoperati dalla Madre di Dio; feste ancora legate a titolo
mariani: Monte Sion (19 novembre), Patto di Misericordia (10 febbraio); feste
legate a dedicazioni di chiese e santuari mariani; quindi le diverse
commemorazioni mensili della Madre di Dio: Natività (primo giorno di ogni
mese), Presentazione (terzo giorno di ogni mese), Patto di Misericordia
(sedicesimo giorno di ogni mese).
La
Madre di Dio nelle anafore etiopiche.
La liturgia eucaristica etiopica è divisa
in tre parti: riti di preparazione, liturgia dei catecumeni e liturgia dei
fedeli. La Madre di Dio occupa un luogo importante nella celebrazione
liturgica, sia nelle due prime parti, sia anche nelle anafore. La Chiesa Etiopica ha
quattordici anafore, di cui due della Madre di Dio, fatto che non troviamo
nelle altre liturgie orientali o occidentali. La prima di queste due anafore
porta il nome di “Anafora di Maria Vergine, Figlia di Dio”, ed è attribuita a
Ciriaco di Bahnasa; la tradizione manoscritta di questa anafora rissale al XIV
secolo. La seconda anafora mariana è un testo anch’esso rissalente al XIV
secolo, attribuito ad un certo monaco Giorgio, e porta come titolo “Anafora di
Nostra Signora, Profumo di Santità”. Sono anafore che vanno lette in un
contesto chiaramente cristologico, nell’insieme della storia della salvezza,
dall’Antico al Nuovo Testamento.
L’Anafora di Maria Vergine, Figlia di Dio
è una lunga lode e confessione del disegno di Dio di salvare l’uomo per mezzo
di Gesù Cristo attraverso la mediazione umana di Maria. Essa è l’avvocato
che intercede presso suo Figlio per tutta la Chiesa. Le stesse
invocazioni del Trisaghion vengono fatte in un contesto mariologico: Santo
Dio Padre, che di te si dilettò, Santo il Figlio, che abitò nel tuo seno, Santo
il Paraclito, che ti santificò e ti purificò. Il lungo prefazio prima del
Santo è un’enumerazione del rapporto di Maria con suo Figlio, con i santi
dell’Antico e del Nuovo Testamento, con la Chiesa. Troviamo
delle immagini molto grafiche per indicare il suo ruolo nell’incarnazione del
Verbo di Dio: Tu sei un’officina tessile, perché l’Emmanuele indossò da te
la veste ineffabile della carne; dalla carne nata da Adamo egli fece l’ordito,
mentre la tua carne ne fu la trama e la spoletta lo stesso Verbo… tessitore lo
Spirito Santo. Queste immagini sottolineano fortemente una cristologia di
stampo chiaramente alessandrino. Tutti i personaggi dell’Antico Testamento
vengono evocati in rapporto a Maria: Tu sei la scala dalla terra al cielo…
speranza di Adamo, pietà di Abele… arca di Noè… peregrinazione di Abramo… scala
di Giacobbe, consolazione di Giuseppe… concezione verginale di Isaia…. La
vita terrena viene anche evocata nel prefazio, a partire dai fatti narrati
dagli apocrifi: concepita nella santità, dalle legittime e pure nozze di
Gioacchino ed Anna, cresciuta ed allevata nel Tempio, data in sposa a Giuseppe,
tempio dove si incarna il Verbo di Dio. Dopo il Santo l’anafora ripropone il
Trisaghion con una lettura questa volta chiaramente cristologica, con i
versetti aggiunti tipicamente anticalcedioniani: Santo Dio, santo forte,
santo immortale, nato da Maria Vergine… battezzato nel Giordano… vivente ed
immortale… abbi pietà di noi. Il soggetto dell’anafora passa al Figlio
lungo la narrazione dell’istituzione, l’epiclesi e l’anamnesi.
La seconda delle anafore mariane, “Nostra
Signora, Profumo di Santità”, è molto simile alla precedente; nel pure lungo
prefazio è interessante di notare il collegamento di Maria con i santi
dell’Antico Testamento e inoltre con ognuno degli apostoli: O Maria, chiavi
di Pietro, tabernacolo del testamento di Paolo, maestra della visione di
Giovanni, nave di salvezza di Andrea, forza di Giacomo… sorella degli angeli,
figlia dei profeti, grazia degli apostoli.
P. Manuel Nin osb
Roma