La crocefissione e la risurrezione del Signore negli
inni di sant’Efrem il Siro
Dal legno discese come frutto e salì al
cielo come primizia…
Efrem il Siro (+373) nella sua abbondante
innografia sulla Crocifissione e sulla Risurrezione di Cristo canta il mistero
della nostra salvezza in tutta la bellezza della sua poesia e con la profondità
della sua teologia. Del poeta siriaco abbiamo una collezione di inni pasquali
che trattano tre aspetti particolari: gli azzimi -21 inni-, la crocifissione -9
inni- e la risurrezione -5 inni. Nell’inno VIII sulla crocifissione Efrem
contempla lungo sedici strofe i luoghi e gli strumenti legati alla passione di
Cristo, e come in altri dei suoi inni inizia ogni strofa con l’acclamazione
“beato” indirizzata a ognuno di questi luoghi e strumenti. Il giardino del
Getsemani è messo in parallelo col giardino dell'Eden, il luogo che vide la
lotta ed il sudore di Adamo accoglie come profumo il sudore di Cristo: “Beato
sei tu, luogo, che fosti degno di quel sudore del Figlio che su di te cadde.
Alla terra mescolò il suo sudore per allontanare il sudore di Adamo… Beata la
terra, che egli profumò con il suo sudore e che malata fu guarita”. L’Eden è
anche presentato da Efrem come il luogo della volontà divisa di Adamo tra il
precetto di Dio e l’astuzia del serpente, e che in Getsemani diventa per mezzo
dello stesso Cristo il luogo dell'accoglienza e l’unità nella volontà del
Padre: “Beato sei tu, luogo, perché hai fatto gioire il giardino delle delizie
con le tue preghiere. In esso era divisa la volontà di Adamo verso il suo
creatore… Nel giardino Gesù entrò, pregò e ricompose la volontà che si era
divisa nel giardino e disse: «Non la mia ma la tua volontà!»”.
Efrem dichiara pure beato il luogo del Golgota
perché nella sua piccolezza accoglie il mistero della passione di Cristo: la
riconciliazione con Dio, il saldo del debito ed il luogo da dove il buon
ladrone parte per aprire ai redenti l’Eden. L’innografo si serve, come è
abituale in lui, del contrasto tra i due luoghi: il cielo, luogo grande del Dio
nascosto, ed il Golgota, piccolo luogo del Dio manifesto: “Beato sei anche tu,
o Golgota! Il cielo ha invidiato la tua piccolezza. Non quando il Signore se ne
stava lassù nel cielo avvenne la riconciliazione. È su di te che fu saldato il
nostro debito. È partendo da te che il ladrone aprì l’Eden… Colui che fu ucciso
su di te mi ha salvato”. Anche il buon ladrone è da Efrem dichiarato beato
perché è condotto nel paradiso dal Signore stesso; la sua morte è incontro con
Colui che è la Vita. Inoltre è molto bella l’immagine, sempre presentata per
via di contrasto, che Efrem propone tra coloro che tradirono (Giuda), che negarono
(Pietro), e che fuggirono (i discepoli), e colui che dall’alto della croce (il ladrone)
lo annunzia, come se Efrem volesse sottolineare che lì nella croce il ladrone diventa
apostolo: “Beato anche tu, ladrone, perché a causa della tua morte la Vita ti
ha incontrato… Il nostro Signore ti ha preso e adagiato nell’Eden… Giuda tradì
con inganno, anche Simone rinnegò e i discepoli fuggendo si nascosero: tu però
lo hai annunziato”. Nello stesso inno Efrem, come farà anche nel suo commento
al Vangelo, accosta per omonimia i diversi personaggi; nel nostro testo Giuseppe
di Arimatea viene messo in parallelo a Giuseppe sposo di Maria. Il ruolo di
costui nell’accogliere il Bambino neonato, nel fasciarlo, nel vederlo schiudere
gli occhi, diventa in qualche modo il ruolo dell'altro Giuseppe verso Cristo
calato dalla croce: “Beato sei tu, che hai lo stesso nome di Giuseppe il
giusto, perché avvolgesti e seppellisti il Vivente defunto; chiudesti gli occhi
al Vigilante addormentato che si addormentò e spogliò lo sheol”. Efrem canta beato
anche il sepolcro, paragonato e a un grembo che rinchiude per sempre la morte,
e all’Eden diventato sepolcro di Adamo, da dove egli stesso verrà redento da
Cristo: “Beato sei anche tu, sepolcro unico, poiché la luce unigenita sorse in
te. Dentro di te fu vinta la morte orgogliosa, che in te il Vivente morto ha
cacciato via… Il sepolcro e il giardino sono simbolo dell'Eden nel quale Adamo
morì di una morte invisibile… Il Vivente sepolto che risuscitò nel giardino
risollevò colui che era caduto nel giardino”. Infine tre città sono dichiarate
beate da Efrem, città che furono testimoni di tutto il mistero della redenzione:
“Beate voi tre, senza invidia: del Terzo del Padre voi foste degne. La sua
nascita a Betlemme, la sua abitazione a Nazaret, e a Betania poi la sua
ascensione”.
Il primo inno sulla Risurrezione è un canto
al mistero della salvezza adoperato in Cristo, dalla sua incarnazione nel
grembo di Maria, alla sua passione, morte e risurrezione. Per Efrem il Figlio
di Dio incarnandosi diventa a pieno titolo il buon pastore che esce alla
ricerca della pecora smarrita: “Volò e discese quel Pastore di tutti: cercò
Adamo pecora smarrita, sulle proprie spalle la portò e salì…”. Efrem si serve
dell'immagine del grembo e accosta quello del Padre e quello di Maria e come
conseguenza anche quello dei credenti, gravidi della presenza in loro del Verbo
di Dio: “Il Verbo del Padre venne dal suo grembo e rivestì il corpo in un altro
grembo. Da grembo a grembo egli procedette e i grembi casti furono ripieni di
lui. Benedetto colui che prese dimora in noi!”. Efrem sottolinea fortemente lungo
tutto l’inno il rapporto stretto di tutto il mistero della salvezza che si
realizza in Cristo, dalla sua esistenza eterna nel seno del Padre alla sua
risurrezione e ascensione in cielo: “Dall’alto fluì come fiume e da Maria come
una radice. Dal legno discese come frutto e salì al cielo come primizia…
Dall’alto discese come Signore e dal ventre uscì come servo. Si inginocchiò la
morte davanti a lui nello sheol e alla sua risurrezione la vita lo adorò…”. Ancora
con altre immagini molto semplici e allo stesso tempo belle e profonde Efrem
canta tutto il mistero della redenzione: “Maria lo portò come neonato. Il
sacerdote lo portò come offerta. La croce lo portò come ucciso. Il cielo lo
portò come Dio. Gloria al Padre suo!”. L’incarnazione di Cristo, sempre in
questo stesso inno, Efrem la contempla ancora come l’avvicinarsi, il farsi
prossimo di Cristo verso l’umanità debole e malata: “Gli impuri non aborrì e i
peccatori non schivò. Degli innocenti gioì molto e molto desiderò i semplici…
Dai malati non vennero meno i suoi piedi né le sue parole dagli ignoranti. Si
protese la sua discesa verso i terrestri e la sua ascesa verso i celesti…”. Tutta
la redenzione adoperata da Cristo Efrem la vede nella chiave del suo farsi
vicino, del suo svuotarsi per sollevare e portare tutti gli uomini alla sua
gloria divina: “Nel fiume lo annoverarono tra i battezzandi, e nel mare lo
contarono tra i dormienti. Sul legno come ucciso e nel sepolcro come un
cadavere… Chi per noi, Signore, come te? Il Grande che si fece piccolo, il
Vigilante che si addormentò, il Puro che fu battezzato, il Vivente che perì, il
Re disprezzato per dare a tutti onore…”
P. Manuel Nin
Pontificio
Collegio Greco
Roma
Discese dal legno come frutto
e salì al cielo come primizia
e salì al cielo come primizia
di MANUEL NIN
Efrem il Siro, morto nel 373, canta
il mistero della nostra salvezza in 35 inni pasquali che trattano gli azzimi,
la crocifissione e la risurrezione. Nell'ottavo inno sulla crocifissione sono
contemplati i luoghi e gli strumenti legati alla passione di Cristo, ognuno
acclamato "beato". Il giardino del Getsemani è messo in parallelo col
giardino dell'Eden: "Beato sei tu, luogo, che fosti degno di quel sudore
del Figlio che su di te cadde. Alla terra mescolò il suo sudore per allontanare
il sudore di Adamo. Beata la terra, che egli profumò con il suo sudore e che
malata fu guarita".
L'Eden è presentato come il luogo della volontà divisa tra il precetto di Dio e l'astuzia del serpente, che nel Getsemani si ricompone: "Beato sei tu, luogo, perché hai fatto gioire il giardino delle delizie con le tue preghiere. In esso era divisa la volontà di Adamo verso il suo creatore. Nel giardino Gesù entrò, pregò e ricompose la volontà che si era divisa nel giardino e disse: Non la mia ma la tua volontà!".
Beato è dichiarato anche il Golgota: "Beato sei anche tu, o Golgota! Il cielo ha invidiato la tua piccolezza. Non quando il Signore se ne stava lassù nel cielo avvenne la riconciliazione. È su di te che fu saldato il nostro debito. È partendo da te che il ladrone aprì l'Eden. Colui che fu ucciso su di te mi ha salvato". E il buon ladrone è beato perché condotto nel paradiso dal Signore stesso.
Molto bella è anche l'immagine, per contrasto, tra coloro che tradirono (Giuda), negarono (Pietro) e fuggirono (i discepoli) e colui che dall'alto della croce (il ladrone) lo annunzia, come se Efrem volesse sottolineare che sulla croce il ladrone diventa apostolo: "Beato anche tu, ladrone, perché a causa della tua morte la Vita ti ha incontrato. Il nostro Signore ti ha preso e adagiato nell'Eden. Giuda tradì con inganno, anche Simone rinnegò e i discepoli fuggendo si nascosero; tu però lo hai annunziato".
Nello stesso inno Efrem accosta
Giuseppe di Arimatea allo sposo di Maria. Il ruolo di costui nell'accogliere il
Bambino neonato, nel fasciarlo, nel vederlo schiudere gli occhi, diventa in
qualche modo il ruolo dell'altro Giuseppe verso Cristo calato dalla croce:
"Beato sei tu, che hai lo stesso nome di Giuseppe il giusto, perché
avvolgesti e seppellisti il Vivente defunto; chiudesti gli occhi al Vigilante
addormentato che si addormentò e spogliò lo sheol".
Beato è anche il sepolcro, grembo che rinchiude per sempre la morte: "Beato sei anche tu, sepolcro unico, poiché la luce unigenita sorse in te. Dentro di te fu vinta la morte orgogliosa, che in te il Vivente morto ha cacciato via. Il sepolcro e il giardino sono simbolo dell'Eden nel quale Adamo morì di una morte invisibile. Il Vivente sepolto che risuscitò nel giardino risollevò colui che era caduto nel giardino".
Beato è anche il sepolcro, grembo che rinchiude per sempre la morte: "Beato sei anche tu, sepolcro unico, poiché la luce unigenita sorse in te. Dentro di te fu vinta la morte orgogliosa, che in te il Vivente morto ha cacciato via. Il sepolcro e il giardino sono simbolo dell'Eden nel quale Adamo morì di una morte invisibile. Il Vivente sepolto che risuscitò nel giardino risollevò colui che era caduto nel giardino".
Nel primo inno sulla Risurrezione
canta il mistero della salvezza: "Volò e discese quel Pastore di tutti:
cercò Adamo pecora smarrita, sulle proprie spalle la portò e salì". Efrem
accosta il grembo del Padre e quello di Maria e dei credenti, gravidi del Verbo
di Dio: "Il Verbo del Padre venne dal suo grembo e rivestì il corpo in un
altro grembo. Da grembo a grembo egli procedette e i grembi casti furono
ripieni di lui. Benedetto colui che prese dimora in noi!".
Il santo poeta sottolinea la
coerenza di tutto il mistero della salvezza fino all'ascensione in cielo:
"Dall'alto fluì come fiume e da Maria come una radice. Dal legno discese
come frutto e salì al cielo come primizia. Dall'alto discese come Signore e dal
ventre uscì come servo. Si inginocchiò la morte davanti a lui nello sheol e
alla sua risurrezione la vita lo adorò".
Infine, l'incarnazione è vista come l'avvicinarsi di Cristo verso l'umanità debole e malata: "Gli impuri non aborrì e i peccatori non schivò. Degli innocenti gioì molto e molto desiderò i semplici". Tutta la redenzione è nel suo farsi vicino agli uomini per portarli alla sua gloria divina: "Nel fiume lo annoverarono tra i battezzandi, e nel mare lo contarono tra i dormienti. Sul legno come ucciso e nel sepolcro come un cadavere. Chi per noi, Signore, come te? Il Grande che si fece piccolo, il Vigilante che si addormentò, il Puro che fu battezzato, il Vivente che perì, il Re disprezzato per dare a tutti onore".
Infine, l'incarnazione è vista come l'avvicinarsi di Cristo verso l'umanità debole e malata: "Gli impuri non aborrì e i peccatori non schivò. Degli innocenti gioì molto e molto desiderò i semplici". Tutta la redenzione è nel suo farsi vicino agli uomini per portarli alla sua gloria divina: "Nel fiume lo annoverarono tra i battezzandi, e nel mare lo contarono tra i dormienti. Sul legno come ucciso e nel sepolcro come un cadavere. Chi per noi, Signore, come te? Il Grande che si fece piccolo, il Vigilante che si addormentò, il Puro che fu battezzato, il Vivente che perì, il Re disprezzato per dare a tutti onore".
P. Manuel Nin
Pontificio
Collegio Greco
Roma
(©L'Osservatore Romano 24 aprile 2011)