…per
annunciare ad Adamo che ho visto Dio fatto bambino…
Il quarantesimo giorno dopo
l’Epifania è qui celebrato veramente con grande solennità… Così la
peregrina Egeria, nella seconda metà del IV secolo, ci dà testimonianza della
celebrazione a Gerusalemme, presso la basilica dell’Anastasi (Risurrezione)
della festa dell’Incontro del Signore, con la proclamazione della pericope
evangelica di Lc 2, 22-40. La festa del 2 febbraio è una delle Dodici Grandi
feste dell’anno liturgico, e così la considera la stessa Egeria paragonandola
quasi alla Pasqua: valde cum summo honore hic celebrantur… cum summa
laetitia ac si per Pascha… Nel V-VI secc. la festa si celebra già ad
Alessandria, ad Antiochia e a Costantinopoli e, alla fine del VII secolo viene
introdotta a Roma da un papa di origini orientali Sergio I (687-701), che vi
introdurrà anche le feste della Natività di Maria (8 settembre), dell’Annunciazione
(25 marzo) e della Dormizione della Madre di Dio (15 agosto).
Con il
titolo di Incontro (Hypapantì) la Chiesa bizantina in questa festa vuol
soprattutto sottolineare l=incontro di
Gesù con l=anziano
Simeone, cioè l=Uomo nuovo
con l=uomo
vecchio, e l=adempimento
dell=attesa di
tutto il popolo di Israele rappresentato nelle figure di Simeone ed Anna. La
festa ha un giorno pre festivo (proeortia) e un’ottava (metheortia).
L=ufficiatura
del giorno, molto ricca a livello cristologico, ha dei tropari di Romano il
Melode, Giovanni Damasceno, Andrea di Creta ed altri autori appartenenti alla
grande tradizione di innografi bizantini. Sono dei testi che sottolineano il
mistero dell’Incontro del Verbo di Dio incarnato con l’uomo, il nuovo
Bambino, il Dio prima dei secoli –come lo cantavamo a Natale- viene
incontro all’uomo. Uno dei tropari del vespro è entrato anche come canto di
offertorio della liturgia romana: Adorna il tuo talamo, o Sion, e accogli il
Re Cristo; abbraccia Maria, la celeste porta, perché essa è divenuta trono di
cherubini, essa porta il Re della gloria; è nube di luce la Vergine perché reca
in sé, nella carne, il Figlio che è prima della stella del mattino... Nei
testi dell’ufficiatura ci viene offerta tutta una raccolta di immagini bibliche
applicate alla Madre di Dio con un retroterra chiaramente cristologico: essa è celeste
porta, trono di cherubini, nube di luce… Troviamo anche le
tipiche e bellissime confessioni cristologiche adoperate per via di contrasto: Colui
che portano i cherubini e cantano i serafini... ecco nelle braccia di Maria...
nelle mani del santo vegliardo... E in riferimento a costui, a Simeone, troviamo
ancora: ...portando la Vita, chiede di essere sciolto dalla vita... Inoltre
questo stesso tropario si conclude con un riferimento direttamente pasquale: Lascia
che io me ne vada, o Sovrano, per annunciare ad Adamo che ho visto il Dio che è
prima dei secoli fatto bambino…
L’ufficiatura
del vespro prevede anche tre letture veterotestamentarie, prese la prima da Es
13 e Lv 12: la presentazione e consacrazione a Dio dei primogeniti,
collegandola proprio alla festa della presentazione di Gesù nel tempio al
quarantesimo giorno dalla sua nascita. Le altre due letture sono prese ambedue
del profeta Isaia; dal capo 6 l=una, che narra
la prima teofania che si manifesta al profeta con il tema della santità di Dio
e l=acclamazione
dell=inno tre volte
santo, e quindi la purificazione delle labbra di Isaia con il carbone preso
dall=altare; ed
infine la terza lettura, presa dal capo 12 di Isaia, con il riferimento all=uomo e all=altare messi
tra gli egiziani -simbolo dei popoli pagani- e che porteranno -l=uomo e l=altare- la
salvezza di Dio.
La stessa
icona della festa ha come retroterra i testi di Es 13, la presentazione dei
primogeniti, e soprattutto Lc 2,22-39: l=incontro di
Gesù con Simeone. L=icona mette
in luce particolarmente l=incontro di
Dio con l=uomo e
manifesta ancora una volta il mistero dell=Incarnazione.
La distribuzione iconografia è molto chiara: Gesù bambino in centro, poi ai
lati in un primo livello Maria e Simeone, ed in un secondo livello Giuseppe ed
Anna. In fondo l=altare ed il
baldacchino che lo copre, riprendendo la distribuzione tipica dell=altare
cristiano: baldacchino, altare ed evangeliario sopra. Da sottolineare ancora la
somiglianza di Simeone ed Anna, come disposizione e caratteristiche
iconografiche, ad Adamo ed Eva nell=icona
pasquale della discesa di Cristo agli inferi, con gli stessi sguardi di Simeone
ed Adamo, e di Anna ed Eva verso Cristo sia nell’una che nell’altra delle icone.
In quella del 2 febbraio è Simeone che si china per accogliere / abbracciare
Cristo, in quella di Pasqua è Cristo che si china per accogliere / abbracciare
Adamo. L=icona della
festa dell=Incontro
diventa l=annuncio
dell=altro grande
Incontro, quando l=Uomo nuovo,
Cristo scende nell’Ade per prenderne l=uomo
vecchio, Adamo.
La festa del 2
febbraio è una festa che ha un senso fortemente pasquale, e ne è un annunzio
evidente. Gioisci, Madre-di-Dio Vergine piena di grazia: da te infatti è
sorto il sole di giustizia, Cristo Dio nostro, che illumina quanti sono nelle
tenebre. Gioisci anche tu, o giusto vegliardo, accogliendo fra le braccia il
liberatore delle anime nostre che ci dona anche la risurrezione. Questo tropario
della festa che si conclude con la frase: ci dona anche la risurrezione,
è molto vicino alla conclusione del tropario pasquale: ...e a coloro che
sono nei sepolcri ha fatto il dono della vita. Icona / Festa dell=Incontro di
Gesù bambino con l=anziano
Simeone; icona / festa dell=Incontro di
Dio, per mezzo dell=Incarnazione
del Figlio, con l=umanità, con
ogni uomo, incontro che ha luogo nel Tempio, nella vita ecclesiale di ogni cristiano,
di ognuno di noi.
P.
Manuel Nin osb
Rettore
Pontificio
Collegio Greco
Nota: Pubblicato
aull’Osservatore Romano del 2 febbraio 2009