jueves, 29 de septiembre de 2016

Oggi nasce Giovanni, il messaggero del Dio Verbo.
L’innografia di san Giovanni Damasceno per la nascita di san Giovanni Battista
            La figura del “profeta e precursore” (pròdromos) Giovanni Battista è una di quelle più celebrate nella tradizione liturgica delle Chiese di Oriente. Come di Cristo e della Madre di Dio, se ne celebra la concezione il 23 settembre, la nascita il 24 giugno, e la morte (il martirio, la decollazione) il 29 agosto. Inoltre Giovanni Battista viene celebrato anche il 7 gennaio, immediatamente dopo la festa del Battesimo di Cristo, secondo la prassi delle liturgie orientali che il giorno dopo una grande festa celebra il personaggio per mezzo di cui Dio porta a termine il suo mistero di salvezza. L’ufficiatura della festa raccoglie dei tropari composti dai grandi innografi bizantini: Giovanni Damasceno (+ 750), Andrea di Creta (+ 740), e la monaca Cassianì (IX sec.) che è l’unico esempio di donna innografa nella tradizione bizantina, e che ci ha tramandato anche dei bellissimi testi per il Mercoledì Santo e per il Sabato Santo. I tropari del vespro della festa cantano Giovanni Battista come colui che: “Oggi è apparso, il grande precursore, il profeta più grande di tutti i profeti: poiché alla lampada del precursore succede la luce sfolgorante, alla voce, il Verbo, e lo sposo al para­ninfo che prepara al Signore un popolo di suo peculiare possesso e in anticipo lo purifica mediante l’acqua, in vista dello Spirito. Questi è il germo­glio di Zacca­ria, l’ottimo figlio del deserto, l’a­raldo della conver­sione, la purifi­cazione dei delitti, colui che annuncia nell’ade la risurrezione dai morti e intercede per le anime nostre”. I testi dell'ufficiatura della festa ritornano molto spesso su questi ruoli del Battista come precursore e annunciatore della nascita e della risurrezione di Cristo, e come intercessore per il popolo.
Il cànone del mattutino della festa, composizione poetica in nove odi, è di Giovanni Damasceno, e in esso si snoda la contemplazione della figura del precursore di Cristo. La prima delle strofe di ognuna delle odi è sempre riferita a Cristo e costituisce la chiave di lettura cristologica del testo del cantico biblico a cui l’ode stessa poggia e si ispira: “O tu che sei stato partorito dalla Vergine, sommergi, ti prego, come forti capitani scelti (cf., Es 15,1-19), nell’abisso del­l’impassibili­tà, le tre parti dell’anima, affinché io con la morti­ficazione del corpo, come con un timpa­no ti canti un inno di vittoria”. “Non ci gloriamo né nella sapienza né nella potenza o nella ricchezza ma in te, o Cristo, sapienza di Dio Padre: perché non c’è santo all’in­fuo­ri di te, amico degli uomini (cf., 1Sa 2,1-10)”. Colui che siede nella gloria sul trono della divi­ni­tà, Gesù, Dio trascendente ogni pensiero, è venuto su nube leggera (cf., Ab 3,1-19), con la sua forza immacolata, e ha salvato quanti acclama­no: Glo­ria, o Cristo, alla tua potenza”. “O Cristo benefattore onnipotente, con la tua discesa hai irrorato di rugiada coloro che in mezzo alla fiamma avevano mostrato la loro pietà, e hai insegnato a canta­re: Opere tutte, benedite e celebrate il Signo­re (cf., Dn 3,57-88)”. Il mistero della concezione e della nascita di Cristo viene quasi contrapposto a quello di Giovanni Battista: la concezione verginale di Cristo e quella di Giovanni da due anziani; e ancora la sterilità di Elisabetta che dà il suo frutto nella nascita e in qualche modo nel ministero di predicatore del Battista: “Celebriamo il precursore del Signore, che Elisabet­ta ha partorito al sacerdote da matrice sterile, ma non senza seme: Cristo solo, infatti ha attraversato una terra non percorribile e senza seme. Giovanni, lo ha gene­rato una steri­le, ma non senza uomo lo ha partorito; Gesù, lo ha partorito una Vergine pura adombrata dal Padre e dallo Spirito di Dio. Ma di colui che nasce dalla Vergi­ne, è divenuto profeta e insieme araldo e precursore colui che è nato dalla sterile”.
In diverse delle strofe Giovanni Damasceno si compiace a sottolineare con immagini contrastanti Zaccaria che diventa muto e Giovanni Battista che diventa voce e annunziatore: “Zaccaria, udite le parole di Gabriele, si mostrò incredulo di fronte al messaggio divino, e fu condannato al silenzio: ma da esso viene subitamente sciolto, perché è nata la voce, Giovanni, il precursore del Verbo… Come sole raggiante è sorto per noi dal grembo di Elisa­betta il figlio di Zaccaria: egli scioglie la lingua muta del padre e grida a tutti i popoli con grande franchezza: Raddrizzate le vie del Signore…”. Lungo tutto il cànone sono diversi i titoli che l’autore dà al Battista, titoli legati sempre al suo ruolo in rapporto a Cristo: “Nobile alba che precorre il sole, il germo­glio della sterile…; vero profeta dell’Altissimo…; l’araldo veracissimo, la voce che annuncia il Figlio della Vergine…; veracissima lampada di Cristo…; angelo terrestre e mortale celeste…”.
Elisabetta viene anche contemplata nel testo liturgico sotto diversi aspetti. La sua sterilità è sempre collegata con la verginità di Maria, viste ambedue come due fatti prodigiosi anch’essi precursore l’uno dell'altro, allo stesso modo che Giovanni lo sarà di Cristo: “Si compie da una Vergine la nascita del Sovrano; ma quella del servo e amico, da madre anziana e steri­le: convenientemente un prodigio precorre il prodigio… l’anziana rugosa e sterile saluta la Vergine madre, sapendo con tutta certezza che grazie al parto di costei sono stati sciolti i vincoli della sua steri­lità…”. Il parto prodigioso di Elisabetta inoltre rende affidabile quello di Maria: “Sono nato per servire come schiavo al Sovrano: per questo vengo per annunciare il suo avvento, tanto che una donna vecchia e sterile, che ha prodi­gio­sa­mente generato, rende credibile il parto della Vergine”. Lungo tutto il cànone, Giovanni Damasceno vuol mettere in rilievo che la coppia Giovanni-Cristo, voce-parola, viene preceduta dalla coppia Elisabetta-Maria, sterilità-verginità. La sterilità di Elisabetta, inoltre, viene presentata nel testo come luogo di guarigione e di grazia: “La tua gloriosa nascita dalla sterile ha risanato tutta la natura malata, insegnando, o precursore, a cantare: Benedetto tu sei, Signore, Dio dei padri nostri… Da una sterile sei nato, o precursore: sì, nella sterilità della legge, davvero è giunta la grazia…”.
Alcuni dei tropari del vespro e lo stesso cànone del Damasceno danno a Giovanni Battista il titolo di “ottimo figlio del deserto”, oppure fanno riferimento al “luogo deserto” collegato con la sterilità di Elisabetta da una parte, e dall’altra con il ruolo che Giovanni ha come colui che ha vissuto nel deserto, e facendone un precursore sia di Colui che vi soggiornerà durante quaranta giorni, sia di coloro che lo sceglieranno come luogo e modo di vita: “Da grembo deserto, il precurso­re di Cristo viene come tortora, condotta dunque alla Chiesa quasi da bosco piantato da Dio, e canta: Opere tutte, bene­dite e celebrate il Signo­re. Popolo teòforo, nazione santa, imita la tortora di Cristo, e canta con voce soave, vivendo in castità: Opere tutte, benedite e celebrate il Signore”.



L’innografia del Damasceno per la nascita di san Giovanni Battista
Oggi è apparsa la lampada del precursore

La figura del profeta e precursore (pròdromos) Giovanni Battista è una di quelle più celebrate nella tradizione liturgica delle Chiese di oriente. Come di Cristo e della Madre di Dio, se ne celebra la concezione (23 settembre), la nascita (24 giugno) e la morte (il martirio, la decollazione, 29 agosto).Inoltre il Battista viene celebrato anche il 7 gennaio, subito dopo la festa del Battesimo di Cristo, secondo la prassi delle liturgie orientali che il giorno successivo a una grande festa celebra il personaggio per mezzo del quale Dio compie il suo mistero di salvezza.
L’ufficiatura della festa raccoglie tropari dei grandi innografi bizantini: Andrea di Creta (+740), Giovanni Damasceno (+750) e la monaca Cassianì (IX secolo), unica donna in questa tradizione, autrice di bellissimi testi per il Mercoledì santo e il Sabato santo. Il vespro canta il Battista come colui che «oggi è apparso, il grande precursore, il profeta più grande di tutti i profeti: poiché alla lampada del precursore succede la luce sfolgorante, alla voce il Verbo. Questi è il germoglio di Zaccaria, l’ottimo figlio del deserto, l’araldo della conversione, la purificazione dei delitti, colui che annuncia nell’ade la risurrezione dai morti e intercede per le anime nostre».
Il canone del mattutino, composizione poetica in nove odi, è di Giovanni Damasceno, e in esso si snoda la contemplazione della figura del precursore. Il mistero della concezione e della nascita di Cristo viene quasi contrapposto a quello del Battista: la concezione verginale di Gesù e quella di Giovanni da due anziani e la sterilità di Elisabetta che dà il suo frutto nella nascita e nel ministero di predicatore del Battista.
In diverse strofe il Damasceno sottolinea con immagini contrastanti Zaccaria che diventa muto e Giovanni che diventa voce e annunziatore: «Zaccaria, udite le parole di Gabriele, si mostrò incredulo di fronte al messaggio divino, e fu condannato al silenzio: ma da esso viene subitamente sciolto, perché è nata la voce, Giovanni, il precursore del Verbo. Come sole raggiante è sorto per noi dal grembo di Elisabetta il figlio di Zaccaria: egli scioglie la lingua muta del padre e grida a tutti i popoli con grande franchezza: Raddrizzate le vie del Signore».
Elisabetta viene contemplata sotto diversi aspetti. La sua sterilità è sempre collegata con la verginità di Maria, viste come due fatti prodigiosi l’uno precursore dell’altro, come Giovanni lo sarà di Cristo: «Sono nato per servire come schiavo al Sovrano: per questo vengo per annunciare il suo avvento, tanto che una donna vecchia e sterile, che ha prodigiosamente generato, rende credibile il parto della Vergine». La sterilità di Elisabetta, inoltre, viene presentata nel testo come luogo di guarigione e di grazia: «La tua gloriosa nascita dalla sterile ha risanato tutta la natura malata, insegnando, o precursore, a cantare: Benedetto tu sei, Signore, Dio dei padri nostri. Da una sterile sei nato, o precursore: sì, nella sterilità della legge, davvero è giunta la grazia».
Alcuni tropari del vespro e il canone danno al Battista il titolo di «ottimo figlio del deserto» o fanno riferimento al «luogo deserto» dove Giovanni ha vissuto, precursore sia di colui che vi soggiornerà per quaranta giorni sia di quanti lo sceglieranno come luogo e modo di vita: «Da grembo deserto, il precursore di Cristo viene come tortora, condotta dunque alla Chiesa quasi da bosco piantato da Dio, e canta: Opere tutte, benedite e celebrate il Signore. Popolo teoforo, nazione santa, imita la tortora di Cristo, e canta con voce soave, vivendo in castità: Opere tutte, benedite e celebrate il Signore».
 P. Manuel Nin
Pontificio Collegio Greco
Roma
25 giugno 2011