viernes, 26 de enero de 2018

La Pentecoste. 
Iconografia e innografia nella tradizione bizantina.
Oggi il Cristo illumi­na i pescatori con lo Spirito e li convoca all’unità

            La festa della Pentecoste come festa liturgica si celebra in tutte le liturgie cristiane il cinquantesimo giorni dopo la Pasqua, ed è una delle feste più antiche del calendario cristiano. Già nel III secolo ne parlano Tertulliano ed Origene, e la indicano come festa celebrata annualmente, e già nel IV secolo entra a far parte del patrimonio teologico/liturgico delle diverse Chiese; Egeria poi ne indica la celebrazione a Gerusalemme nella seconda metà del IV secolo. L’icona della Pentecoste normalmente ritrae gli apostoli, in due gruppi, con Pietro e Paolo presiedendo ognuno dei due. Si tratta soprattutto di un=icona liturgica; in essa gli apostoli sono radunati come nella celebrazione della liturgia, come una concelebrazione attorno al trono vuoto, preparato per Cristo. La presenza di Pietro e Paolo nell’icona sottolinea la presenza di tutta la Chiesa in attesa dello Spirito Santo e da lui stesso radunata. L’icona mette in luce come la Chiesa nasce in una situazione di profonda comunione tra gli apostoli, in un contesto di cui dovrebbe scaturirne anche la comunione per tutta la Chiesa, per tutto il mondo.
            I tropari dell'’ufficiatura bizantina della Pentecoste hanno un carattere marcatamente trinitario, e diventano quasi un canto liturgico del simbolo di fede niceno costantinopolitano. Uno di essi è nella sua prima parte tutta una professione di fede trinitaria; quindi nella seconda parte diventa una parafrasi del canto del Trisaghion: “Santo Dio, Santo Forte, Santo Immortale”, letto in chiave chiaramente trinitaria: “Venite, popoli, adoriamo la Deità trisipostatica: il Figlio nel Padre insieme al santo Spirito. Il Padre infatti ha intemporalmente generato il Figlio coeterno e con lui regnante, e lo Spirito santo era nel Padre, glorificato insieme al Figlio; una sola potenza, una sola sostanza, una sola divinità che noi tutti adoriamo dicendo: Santo Dio, che tutto hai creato mediante il Figlio, con la sinergia del santo Spirito; Santo forte, per il quale abbiamo conosciuto il Padre e per il quale lo Spirito santo è venuto nel mondo; Santo immortale, o Spirito Paraclito, che dal Padre procedi e nel Figlio riposi. Triade santa, gloria a te”. Mentre le Chiese di tradizione siriaca e le altre Chiese anticalcedoniane leggono il Trisaghion in chiave cristologica,q uesto tropario manifesta evidentemente la lettura trinitaria che ne fanno le Chiese di tradizione bizantina.
            Diversi dei testi liturgici fanno tutto un parallelo tra Babele e Pentecoste; la prima luogo di confusione e di divisione, la seconda luogo di concordia e di lode:
“Un tempo si confusero le lingue per l’audacia che spinse a costruire la torre, ma ora le lingue sono riempite di sapienza per la gloria della scienza divina. Là, Dio condannò gli empi per la loro colpa, qui il Cristo illumi­na i pescatori con lo Spirito. Allora si produsse come castigo l’impossibilità di parlarsi, adesso si inau­gura la concorde sinfonia delle voci per la salvezza delle anime nostre… Quando discese a confondere le lingue, l’Altissimo divise le genti; quando distribuì le lingue di fuoco, convocò tutti all’unità. E noi glorifichiamo ad una sola voce lo Spirito tutto santo”.
            Due dei tropari dell'ufficiatura del vespro sono un commento dell'’icona della festa: la potenza dello Spirito Santo effusa sugli apostoli, il dono delle lingue: “Poiché le genti ignoravano, o Signore, la potenza dello Spirito santissimo effusa sui tuoi apostoli, attri­buivano a ubriachezza l’alternarsi delle diverse lingue. Ma noi, che da loro siamo stati confermati, incessan­temente cosí diciamo: Il tuo santo Spirito non togliere da noi, o amico degli uomini, te ne preghi­a­mo… Signore, l’effusione del tuo santo Spirito che ha colmato i tuoi apostoli, li ha resi capaci di parlare in lingue straniere: il prodigio pareva dunque ubriachezza agli increduli, ma, per i credenti, era apportatore di salvez­za. Rendi degni anche noi dell’illu­minazione del tuo Spirito, o amico degli uomini, te ne preghiamo”.
            Sempre nei testi liturgici della festa, troviamo due tropari che sono a loro volta entrati nella celebrazione quotidiana della liturgia bizantina. Il primo è il tropario: “Re celeste, Paraclito, Spirito della verità, tu che ovunque sei e tutto riempi, tesoro dei beni ed elargitore di vita, vieni ed abita in mezzo a noi, purificaci da ogni macchia e salva, o buono, le anime nostre”; questo testo è diventato l’invocazione iniziale dello Spirito Santo che incomincia tutte le celebrazioni liturgiche bizantine lungo l’anno liturgico, eccetto il periodo pasquale. Il secondo tropario: “Abbiamo visto la luce vera, abbiamo ricevuto lo Spirito celeste, abbiamo trovato la fede vera, adorando l’indi­visibile Trinità: essa infatti ci ha salvati”; è il testo che si canta immediatamente dopo aver ricevuto la comunione ai santi Doni del Corpo e del Sangue di Cristo. I Doni santificati dallo Spirito Santo diventano per coloro che li ricevono luce veritiera, fede vera e lode alla santa Trinità.
            “Benedetto sei tu, Cristo Dio nostro: tu hai reso sapientissimi i pescatori, inviando loro lo Spirito santo, e per mezzo loro hai preso nella rete l’uni­ver­so. Amico degli uomini, gloria a te”. Questo tropario inquadra tutta la festa della Pentecoste nella tradizione bizantina e la sua stessa icona: grazie al dono dello Spirito Santo i discepoli portano al mondo la buona novella: il Padre, per mezzo del Figlio manda lo Spirito Santo alla Chiesa, a ognuno dei suoi discepoli.
Se la Pentecoste cristiana -il dono dello Spirito alla Chiesa- comincia il giorno che ci viene descritto negli Atti degli Apostoli, essa non vi rimane chiusa, ma continua a farsi presente -lo Spirito Santo- ogni giorno nella vita della comunità e nella vita di ognuno dei fedeli che lo invoca con fede. L=epicle­si eucaristica fatta ogni giorno sui Santi Doni è una invocazione dello Spirito Santo sui Doni e sui fedeli: “Ancora ti offriamo questo culto spirituale e incruento, e ti invochiamo, preghiamo e supplichiamo: manda il tuo Spirito Santo su di noi e su questi doni a te offerti... Perché diventi, per coloro che ne partecipa­no, purificazione dell=anima, remissione dei peccati, comunione del tuo Spirito Santo, pienezza del regno, fiducia davanti a Te...”.



Nell'iconografia e nell'innografia della tradizione bizantina 

Cristo illumina
con lo Spirito e convoca all'unità

di Manuel Nin

La Pentecoste è una delle feste più antiche del calendario cristiano. Già nel III secolo ne parlano Tertulliano e Origene, e la indicano come festa celebrata annualmente. L'icona della Pentecoste normalmente ritrae gli apostoli, in due gruppi, presieduti da Pietro e Paolo. Si tratta soprattutto di un'icona liturgica; in essa gli apostoli sono radunati come nella celebrazione della liturgia, come una concelebrazione attorno al trono vuoto, preparato per Cristo. La presenza di Pietro e Paolo nell'icona sottolinea la presenza di tutta la Chiesa in attesa dello Spirito Santo e da lui stesso radunata. L'icona mette in luce come la Chiesa nasce in una situazione di profonda comunione tra gli apostoli, in un contesto di cui dovrebbe scaturirne anche la comunione per tutta la Chiesa, per tutto il mondo."Benedetto sei tu, Cristo Dio nostro: tu hai reso sapientissimi i pescatori, inviando loro lo Spirito santo, e per mezzo loro hai preso nella rete l'universo. Amico degli uomini, gloria a te". Questo tropario inquadra tutta la festa della Pentecoste nella tradizione bizantina e la sua stessa icona. Grazie al dono dello Spirito Santo i discepoli portano al mondo la buona novella: il Padre, per mezzo del Figlio manda lo Spirito Santo alla Chiesa, a ognuno dei suoi discepoli sparsi nel mondo.

P. Manuel Nin
Pontificio Collegio Greco
Roma